In Europa tira una brutta aria per l’Italia condannata perché non combatte l’inquinamento

Tira una brutta aria per l’Italia in Europa. E la colpa è proprio dell’aria del nostro Paese messa sul banco degli accusati dai giudici della Corte europea di giustizia che hanno condannato l’Italia per la violazione sistematica e continuata della direttiva Ue sulla qualità dell’aria, e per non aver posto rimedio con le misure adeguate a questa inadempienza. In particolare, non sono stati rispettati, in alcuni casi per più di dieci anni, i valori limite sia giornalieri sia annuali della concentrazione nell’aria di emissioni di particolato PM10, composto di particelle solide o liquide di diametro inferiore a 10 micrometri, spesso contenenti sostanze tossiche, che possono penetrare nelle vie respiratorie e nei polmoni e provocate principalmente ai carburanti usati nei trasporti e al riscaldamento domestico. I limiti giornalieri sono stati violati a partire dal 2008 in varie zone, agglomerati o regioni: Roma e Frosinone, Napoli e Caserta, Emilia Romagna, Milano, Bergamo, Brescia, pianura lombarda e Piemonte; a partire dal 2009 in Veneto, in particolare negli agglomerati di Venezia-Treviso, Padova, Vicenza e Verona. In tempi diversi, le violazioni hanno riguardato anche le zone, agglomerati o regioni di Prato-Pistoia, Pisa e Lucca, Torino, Terni, Benevento (area costiera collinare), Puglia (zona industriale) e Palermo. I limiti annuali sono stati superati in tempi diversi e nelle zone di Roma-Frosinone, Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, pianura lombarda e Torino. Un “reato” particolarmente grave quello commesso dal nostro Paese se si considera che l’esistenza di un nesso causale tra l’esposizione a elevate concentrazioni di particelle nell’aria e l’aumento della mortalità o della frequenza percentuale di alcune malattie nella popolazione è stata confermata dall’Organizzazione mondiale della Sanità. L’Italia, con 66.630 decessi prematuri riconducibili a questa causa in un anno, è lo Stato membro dell’Ue maggiormente colpito in termini di mortalità connessa al particolato.