Figlie di una viabilità minore? “Le piccole strade sono importanti come e più delle grandi”

Autostrade, grandi strade a scorrimento veloce, linee ferroviarie ad alta velocità: grandi infrastrutture sicuramente importanti per lo sviluppo del Paese. Ma attenzione a non perdere di vista le “figlie di una viabilità minore”: le strade più piccole, statali, provinciali, comunali, indispensabili per garantire l’efficienza dei trasporti come e forse più delle “grandi opere”. Parola di Giuseppe  Cristinelli, presidente di Fai Conftrasporto Bergamo, che in occasione dell’incontro sul Green Deal europeo che si è svolto a Palazzo Pirelli, a Milano, parlando del “ruolo” delle infrastrutture e della necessità (sempre più evidente)  di realizzare una rete di collegamenti adeguati per connettere l’Italia (al suo interno oltre che con l’Europa) ha invitato a non trascurare le opere viarie “minori”.  “Facendo un paragone con il corpo umano mi verrebbe da dire che le arterie sono importantissime, ma che lo sono anche le vene e che perfino i capillari periferici non vanno trascurati. L’Italia può trarre vantaggi da nuove grandi infrastrutture, dalle autostrade alle linee ferroviarie ad alta velocità, ma non deve dimenticare le statali, le provinciali, e perfino le comunali, perché sarebbe assurdo guadagnare 30 minuti grazie alle strade ad alta percorrenza e poi perderli lungo strade tortuose e magari costellate di buche, o per tratti chiusi perché ci sono cavalcavia pericolanti”. Una riflessione ascoltata con particolare attenzione dal presidente dell’assemblea lombarda Alessandro Fermi, che ha voluto organizzare l’incontro con i rappresentanti del mondo dell’autotrasporto in vista della sessione europea del Consiglio regionale in programma a fine marzo, e che ha raccolto anche un altro messaggio, altrettanto chiaro e forte, lanciato da Paolo Uggè, vicepresidente nazionale di Conftrasporto e Confcommercio a capo della delegazione protagonista dell’incontro, che in merito al “patto verde europeo” per trasformare il vecchio continente nel primo blocco di Paesi a impatto climatico zero entro il 2050, ha voluto evidenziare come il mondo del trasporto pesante italiano, “protagonista di  enormi passi in avanti che non trovano corrispondenza a livello europeo per quanto riguarda il rispetto ambientale”, debba essere però messo al riparo dal pericolo d’essere penalizzato rispetto altri Paesi che hanno livelli di emissioni inquinanti molto più elevati dei nostri.