Divieti al Brennero, tasse sui porti: troppi indizi fanno una prova. L’Europa vuole isolare l’Italia?

Si è parlato, anche se per la verità meno di forse quanto si sarebbe dovuto, dell’intesa raggiunta dal mondo dell’autotrasporto con il ministro per le Infrastrutture e i trasporti Paola De Micheli che ha impedito la realizzazione del fermo dei tir. Un’intesa che ha portato a soluzioni soddisfacenti per la parte dei problemi economici (sempre che il Parlamento non stravolga gli accordi che il settore terrà comunque “sorvegliati” e per i quali confida comunque sull’impegno del ministro) lasciando ancora aperte invece le questioni relative alle regole oltre a tre aspetti non certo di secondaria importanza: i divieti al valico del Brennero arbitrariamente imposti dall’Austria in barba ai più elementari diritti di far circolare nel vecchio continente uomini e merci; la decisione della Comunità europea di chiedere l’applicazione di tasse demaniali sulle attività portuali; le pesanti conseguenze che si abbatterebbero sulle imprese, non solo di trasporto ma soprattutto sui committenti, qualora fosse approvato nel testo originale l’articolo 4 del Disegno di legge n.124 che introduce nell’ordinamento civilistico la figura del “sostituto del sostituto di imposta”. E non è un refuso, un “copia-incolla” fatto per sbaglio, ma quanto produce questa intelligente trovata. “Partita”, come spesso accade, con buone intenzioni (contrastare le frodi frodi fiscali) ma rimasta coinvolta poi in “incidenti di percorso”. Come, per l’appunto, all’articolo 4, dove si prevede che “in caso di appalto e subappalto, il committente dal 1° gennaio 2020 è il soggetto obbligato a effettuare il versamento delle ritenute fiscali, sulle retribuzioni corrisposte al lavoratore, su provvista mensile messa a disposizione dalle imprese appaltatrici e subappaltatrici”. Con responsabilità penali e costi amministrativi, dunque, per il committente dei contratti di appalto in caso di affidamento e sub appalto. Per scoprire come andrà a finire occorrerà attendere gli esiti del dibattito parlamentare, con buone probabilità di modifiche o di esenzioni (l’intesa raggiunta con l’autotrasporto contiene un impegno in tal senso e le committenze stanno attuando azioni di sensibilizzazione per evitare l’introduzione di una nuova complicazione), mentre qualche indicazione sulle altre due questioni aperte, “caso Brennero” e nuove tasse sui porti, potrebbe arrivare dopo l’incontro previsto per il 2 dicembre fra il ministro Paola De Micheli e il nuovo commissario europeo per i trasporti, la romena Adila Valean. Incontro nel quale il ministro è stato invitato, attraverso una lettera inviatole da Conftrasporto Confcommercio, a rappresentare tutta a drammaticità nella quale il nostro Paese si trova, specie in un momento in cui la fluidità al valico del Brennero è determinante, con la chiusura del valico, unica “valvola di sfogo” rimasta dopo che il maltempo ha di fatto bloccato il NordOvest, dalla Liguria al Piemonte e non solo. Rischiando di isolare completamente i traffici di merci dall’Italia verso l’Europa, con un danno economico devastante che il ministro Paola De Micheli conosce benissimo: 170 milioni di euro per ogni ora persa, ai quali si aggiungono i 200 milioni persi in termini di competitività del sistema produttivo. Un incontro, quello in calendario il 2 dicembre, nel quale Confcommercio ha espressamente chiesto venga discussa anche la questione dei porti in aggiunta ai divieti introdotti dal governo del Tirolo che, non vi è alcun dubbio in proposito, contrastano con i principi comunitari. I casi di controlli alle frontiere sono consentiti ma ben limitati e debbono seguire precise procedure, da validarsi in modo preventivo dalle Autorità europee. Senza dimenticare che vi è poi un trattato che impedisce di imporre ai Paesi periferici ostacoli sulle vie per raggiungere i mercati centrali europei. Mercati che l’Italia può raggiungere solo attraversando la barriera delle Alpi.L ’Austria ha dimostrato di infischiarsi di tutto questo e procede imperterrita generando problemi al traffico pesante e trincerandosi dietro lo scudo dell’ecologia quando, in realtà, si tratta solo di azioni di dumping commerciale. La questione deve essere risolta rapidamente: dilazioni temporali non sono possibili. L’Italia, qualora non si addivenisse a cambiamenti dei comportamenti, dovrà rispondere con la medesima moneta. E ritenere che la Germania possa solidarizzare con l’Italia, come qualcuno pensa, è un rischio. Per una ragione semplicissima: la nostra economia tutte le volte che deve uscire dal Paese con le merci per raggiungere i Paesi europei deve passare attraverso l’arco alpino; la Germania lo attraversa solo in direzione dell’Italia, quindi una volta sola. La diversità risulta evidente. Da qui l’esigenza di preparare una scelta che tuteli il nostro Paese. Infine, la decisione di sottoporre a tasse demaniali le attività portuali: una scelta che oltre a essere paradossale finirebbe per compromettere la già difficoltosa crescita del sistema portuale nazionale. Sembra difficile che non si riesca a comprendere come le Autorità portuali siano enti pubblici che gestiscono beni per conto dello Stato. Forse, sostengono i più benevoli, le Autorità comunitarie non hanno ben compreso? Se così fosse, occorrerà che il nostro ministro illustri meglio di quanto non abbiano fatto altri. Ma il timore è che rischi di non servire. E questo perché è sempre più forte il sospetto, che tutto, dai porti al disinteresse mostrato dalle Autorità europee nei confronti del governo austriaco, siano parte di un piano ben preciso: rendere meno competitivi i prodotti nazionali. Impedire che l’Italia divenga, anche in previsione dello sviluppo dei traffici via mare, un player importante nel mercato europeo. Rotterdam, Amburgo, per esempio, non ne sarebbero felici. Questo potrebbe rendere più competitiva la nostra economia e forse un Paese come la Germania non ne sarebbe così felice. E’ solo un sospetto o qualcosa di più? Un uomo politico, presidente del Consiglio più volte, diceva due cose: la prima che voleva così bene alla Germania di voler continuare a vederne due; la seconda che a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina. Era Giulio Andreotti.  

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio