I baristi: droghe e alcol provocano solamente il 3,8% degli incidenti

Di chi è la responsabilità degli incidenti stradali? Qual è la realtà e cosa pensa la gente? Sono queste alcune delle domande a cui ha cercato di dare delle risposte la Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) che ha commissionato all’istituto Piepoli una ricerca sulle “Cause degli incidenti stradali: percezione versus realtà”. Dall’indagine emerge come droghe e alcol incidono solamente per il 3,8 per cento sugli incidenti stradali.  
Una piaga che, in Italia, rappresenta la prima causa di morte nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni: gli incidenti sono determinati da fattori legati al guidatore, al mezzo e alle condizioni stradali, che tra di loro interagiscono. Tra questi, i fattori legati al guidatore assumono certamente un ruolo predominante. Le statistiche indicano che la responsabilità degli incidenti stradali sia da attribuirsi per il 90- 95 per cento a dinamiche che registrano il contributo dell’errore umano. Ci sono diverse scuole di pensiero a tal proposito: c’è chi pensa che il consumo di alcol e droghe sia la causa principale, chi la velocità, la distrazione o la spavalderia. Ma cosa avviene veramente?
“Abbiamo confrontato”,  spiegano i ricercatori dell’istituto Piepoli, “la percezione degli italiani con i dati ufficiali e quello che emerge è una vera e propria distorsione percettiva: erroneamente l’alcol, che è una delle cause minoritarie degli incidenti, è percepito come la causa principale. Nel rapporto che segue ci chiediamo quali soluzioni adottate abbiano finora ottenuto una ricaduta positiva e quali azioni invece risultano inefficaci”.
Lo studio – del quale riportiamo una parte – raccoglie spunti e suggerimenti concreti per contenere gli incidenti.
La percezione del fenomeno
La problematica degli incidenti stradali, soprattutto quelli mortali, è fra quelle più sentite in assoluto dall’opinione pubblica. Nella realtà gli incidenti stradali mortali sono diminuiti sensibilmente, ma l’opinione pubblica sembra non accorgersene, colpita dalle notizie drammatiche che i media continuano a riportare.
Registriamo in tutte le fasce d’età un elevato livello di preoccupazione per il fenomeno, che interessa particolarmente i giovani. Proprio i giovani italiani con maggiore frequenza mettono in atto comportamenti  a rischio incorrendo in un maggior numero di multe e, sfortunatamente, anche di incidenti stradali. A livello spontaneo la ricerca evidenzia come parlando di incidenti stradali gli italiani pensino soprattutto alle condizioni psico-fisiche alterate del conducente.
Paradossalmente l’abbinata: “incidenti mortali = alcol + droga”, che di fatto rappresenta solo una piccola minoranza delle cause degli incidenti, agli occhi dell’opinione pubblica si ingigantisce.
Tra le varie bevande alcoliche, sono soprattutto i superalcolici (79%) seguiti dai cocktail (29%) a essere indicati come maggiormente responsabili degli incidenti. Ambivalente la valutazione di birra e mix già pronti: entrambi leggeri, poco costosi ma che proprio per questo si prestano all’abuso da parte di consumatori immaturi.
Oltre a cause esterne ci si riferisce a condizioni che non riguardano la persona: lo stato della strada e della segnaletica eventualmente aggravato dalle condizioni meteorologiche.
Per qualcuno condizioni personali inadeguate: l’incapacità alla guida e questo vale per le persone che hanno preso da poco la patente e/o persone molto anziane con scarsa capacità di reazione.
La realtà
L’analisi della serie storica della mortalità per incidente stradale permette di cogliere alcune relazioni forti tra la dinamica del fenomeno e l’adozione di interventi legislativi e amministrativi.
Tra il 1997 ed il 2007 il numero dei morti è calato di circa ventiquattro punti percentuali a un tasso medio annuo del 2,1 per cento.
Il punto di svolta nel trend della mortalità si registra nel 2003 quando nel mese di luglio viene introdotta la patente a punti insieme a un generalizzato inasprimento delle sanzioni.
La relazione di causa-effetto appare diretta in considerazione del fatto che fino al 2002, o meglio fino a giugno del 2003, il numero dei morti causati da incidenti stradali risultava costantemente crescente. La riduzione della mortalità ha interessato ogni mese dell’anno, ogni giorno della settimana, ogni ora del giorno.
La circostanza secondo la quale circa il 90 per cento degli incidenti sono causati dall’inosservanza delle regole della circolazione rende ancora più evidente l’effetto delle misure assunte sulla riduzione dell’incidentalità.
Nell’ottobre del 2007 è stato emanato un provvedimento che vieta la somministrazione di bevande alcoliche dopo le due di notte negli esercizi di intrattenimento.
Dobbiamo legittimamente chiederci “Il divieto di somministrazione ha prodotto un valore aggiunto in termini di accelerazione della riduzione della mortalità?”.
I dati a tutto il 2008 indicano nel 7,8 per cento la riduzione della mortalità rispetto all’anno precedente. Un valore inferiore a quello registrato in diversi anni in cui il provvedimento non era in vigore.
Ne deriva che la sua efficacia diretta sulla mortalità stradale è quantomeno discutibile.
Il provvedimento è stato accompagnato da un ulteriore inasprimento delle sanzioni che, alla stregua della patente a punti, dovrebbe aver sortito effetti di deterrenza sul comportamento di guida degli automobilisti.
Come dato oggettivo, nel corso del 2008 è cresciuto esponenzialmente il numero dei controlli effettuati sulle strade fino ad arrivare a quota un milione.
In definitiva, dai dati sull’incidentalità stradale emerge con chiarezza la forza dissuasiva della sanzione soprattutto nei riguardi di quei comportamenti che non è facile dissimulare in occasione dei controlli, ossia delle alterazioni dello stato psico-fisico dovuto all’assunzione di alcol e droga.
Occorre ricordare che soltanto il 3,8 per cento degli incidenti viene attribuito a cause collegate ad anormale stato psico-fisico del conducente.
Secondo uno studio condotto dall’istituto francese di sondaggi Bva e citato sul sito dell’Asaps, il 26 per cento dei ragazzi italiani beve e poi si mette alla guida.
Questa percentuale pone i nostri giovani al primo posto tra otto Paesi europei coinvolti nel sondaggio. L’indagine ha coinvolto più di cinquemila guidatori con un’età compresa tra i diciotto e i venticinque anni residenti in Germania, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Gran Bretagna e Svizzera.  Gli svedesi sono risultati i più rispettosi delle regole con un 2 per cento che ha ammesso di aver bevuto e di aver poi guidato, contro un 98 per cento che, all’ultima uscita serale, o non ha bevuto e se lo ha fatto, non ha guidato.
Le percentuali, però, si capovolgono se si considera la quantità di alcol che i giovani europei consumano quando escono la sera: in questo caso gli italiani risultano in assoluto i più morigerati, con il 42 per cento che ha bevuto tre o più bicchieri, mentre in cima alla classifica si posizionano gli svedesi, con l’88 per cento.
Porre questi comportamenti in relazione alle differenze sostanziali che esistono tra l’Italia e la Svezia in termini di sanzioni e di controlli appare senz’altro ragionevole anche alla luce delle differenti propensioni al consumo di bevande alcoliche.
Sanzioni pesanti e controlli capillari sono i fattori che hanno consentito sia nel Regno Unito che in Francia di pervenire ad una drastica riduzione sia del numero degli incidenti che di quello dei decessi.
Anche nel nostro Paese, come dimostrano i dati precedentemente citati, l’azione combinata dell’inasprimento delle sanzioni e dell’aumento dei controlli,  peraltro ancora lontani dai livelli raggiunti negli altri Paesi, ha comunque contribuito ad una costante riduzione della mortalità.
Tornando al campione intervistato, le risposte fornite ci dicono che non si considerano particolarmente efficaci i provvedimenti presi dai singoli sindaci, come il divieto di acquisto di bottiglie da asporto o la sospensione della vendita di alcol nei locali pubblici dopo una certa ora, considerati rimedi fittizi che non riescono a generare un reale comportamento responsabile alla guida.
Conclusioni
Gli incidenti stradali sono, dunque, un tema caldo rispetto al quale i media incidono in modo importante nella costruzione dell’opinione. Nonostante i dati oggettivi ci dicano che il trend degli incidenti stradali mortali sia diminuito drasticamente dal 2003, essi costituiscono un elemento di grave preoccupazione per gli italiani: rimandano massicciamente, sulla scia delle campagne mediatiche, alla popolazione giovanile e ai suoi eccessi combinando la preoccupazione per i rischi di sicurezza a quelli morali per l’equilibrio dei ragazzi.
Il primo riferimento degli intervistati va all’alcol e alle droghe, alle “stragi del sabato sera” e solo dopo un momento di riflessione si arrivano a considerare altre situazioni (le distrazioni, l’alta velocità, il traffico). In tal senso, nella rilevazione quantitativa, parlando a livello spontaneo di incidenti stradali gravi, la forte associazione con le condizioni psico-fisiche alterate del conducente è evidente.
Ciò crea in un certo senso una percezione distorta della realtà: una delle cause di gran lunga minoritarie degli incidenti diviene agli occhi dell’opinione pubblica la principale.
Rimane vero che gli incidenti commessi da giovani sotto l’effetto di alcol e droghe sono anche quelli dalle conseguenze più drammatiche.
La preoccupazione è molto alta, così come la condanna di comportamenti a rischio. L’incoscienza, il menefreghismo, il desiderio di trasgressione dei giovani, sono un problema che deve essere arginato da interventi educativi per la loro responsabilizzazione.
L’impiego dei controlli per la prevenzione dagli incidenti stradali viene ritenuta utile dalla quasi totalità degli intervistati (93%), ma nel 63 per cento dei casi la loro frequenza viene ritenuta insufficiente. Anche a livello qualitativo emerge chiaramente un’attesa di maggiori controlli sulla strada e maggiori sanzioni pecuniarie, ritenute irrisorie per alcuni strati sociali.
Le varie ordinanze dei sindaci per la chiusura dei locali o l’interruzione alla vendita di alcolici sono invece considerate poco efficaci.
Nella rilevazione qualitativa emerge una valutazione molto negativa rispetto a queste iniziative (non credibilità, irritazione, ipocrisia).
Anche i dati oggettivi, d’altronde confermano che le politiche proibizioniste sono poco incisive sulla diminuzione degli incidenti.
“Esistono molte soluzioni più efficaci dei divieti”, ha detto il presidente della Fipe, Lino Stoppani. “Molte di queste sono anche già allo studio, ma non sono prese in considerazione. Le case automobilistiche, per esempio, hanno progettato dispositivi elettronici capaci di bloccare automaticamente il motore nel caso in cui il guidatore abbia un tasso alcolemico fuori dagli standard. Non è fantascienza. È realtà. Anche se il nome della casa automobilistica, per ovvi motivi, non può essere citata. L’alcol è un fenomeno sociale vero e grave, che va affrontato con responsabilità, perché tocca soprattutto la parte più importante della società, rappresentata dai giovani, patrimonio del nostro futuro”.
Lo studio si può scaricare visitando il sito www.fipe.it