Con una lettera aperta a tutta pagina pubblicata una settimana fa su Il Giornale le associazioni dell’autotrasporto hanno chiesto al presidente del Consiglio d’intervenire sul caso Ilva e sul mancato pagamento, per milioni di euro, a imprese di trasporto che lavorano per il gruppo siderurgico. Una richiesta d’intervento immediato, prima che fosse troppo tardi; un Sos lanciato a nome di centinaia d’imprenditori sull’orlo del fallimento e di migliaia di dipendenti sull’orlo del licenziamento per colpa dell’Ilva. Nessuno ha risposto. E le notizie che giungono dal Senato non lasciano presagire nulla di buono: il ministero dell’Economia sembra infatti contrario a una sospensione del versamento dei contributi e dell’Iva per le aziende coinvolte e che non sono più in grado di proseguire l’attività come invece vorrebbero, con senso di responsabilità, per non lasciare l’Ilva senza rifornimenti, ben sapendo che lo spegnimento degli altiforni provocherebbe la definitiva chiusura della produzione. Hanno compreso i burocrati ministeriali l’entità irreparabile del danno che si determinerebbe? E sanno che le imprese di trasporto hanno versato fino a oggi, oltre a contributi e salari, anche l’Iva senza percepire i pagamenti? E tutto questo mentre l’Ilva vende i prodotti franco partenza incassando il corrispettivo per i trasporti ma guardandosi bene dal girarli a chi di dovere? Quanto potrà restare ancora disinnescata la protesta più dura? L’incontro fra le associazioni avvenuto venerdì lascia prevedere il pericolo di iniziative spontanee e incontrollate. C’è persino chi si è domandato se il vero obiettivo non sia far morire l’Ilva, “usando” i trasportatori per darle il colpo di grazia. Se così non è il Governo lo dimostri, adottando soluzioni ragionevoli utilizzate in passato per altri casi: la compensazione dei crediti, la prededucibilità, lo strumento del fondo di garanzia… Il Governo vuole invece continuare a fare come Ponzio Pilato? Poi non dica di non essere stato avvisato…
Paolo Uggé