Sciopero dell’autotrasporto: a chi giova oggi? Solo a chi ha fallito ieri…

Tutti i principali problemi per cui il mondo dell’autotrasporto aveva deciso di scioperare per cinque giorni, dal 9 al 13 dicembre, ovvero l’annullamento del taglio al recupero dell’accisa sul gasolio; il mantenimento delle risorse per proseguire nella riduzione del costo del lavoro mettendo a disposizione soldi immediati alle imprese; l’avvio di un sistema di controlli diverso che con coinvolgesse l’Albo nelle verifiche del rispetto delle regole, in modo da privilegiare le imprese regolari, rispetto a quelle che non lo sono, sono stati affrontati e risolti dal Governo che ha accolto in toto le richieste della categoria; su altri temi, come i tempi di pagamento a 30 giorni esiste, messo nero su bianco, un impegno ben preciso.Dopo aver ottenuto, in tempi difficilissimi come questi, simili risultati, ha davvero senso voler comunque organizzare la protesta. Oppure voler continuare a usare i muscoli invece del cervello è una strategia ben precisa, adottata da qualcuno che non ha nulla da perdere (al massimo da far perdere ai lavoratori) e alla disperata ricerca di pubblicità? Sono questi alcuni dei quesiti che il presidente di Fai Conftrasporto, Paolo Uggè, pone in una lettera aperta inviata alla redazione di Stradafacendo. Ecco il documento integrale. “Leggo i commenti che si sono registrati dopo la sottoscrizione del protocollo di intesa sottoscritto fra i rappresentanti del mondo dell’autotrasporto e quelli del Governo e che ora passa alla discussione dei rispettivi organismi deliberativi e la prima considerazione che mi viene in mente è che tutte le rappresentanze a eccezione di una hanno sottoscritto il protocollo di intesa, evidentemente trovandone i contenuti in linea con le richieste avanzate. Di conseguenza il fermo sarà revocato. Certo, gli organismi deliberanti potrebbero sempre modificare le decisioni: in tal caso saranno contenti i miei detrattori a comando, visto che, qualora il consiglio non dovesse ratificare la decisione assunta, scatterebbero le mie dimissioni da presidente Fai. Rispetto a quanto ottenuto nell’incontro con i rappresentanti del governo, il ministro Maurizio Lupi e il sottosegretario Rocco Girlanda, ricordo di aver più volte indicato gli obiettivi immediati che tutte le associazioni avevano indicato come indispensabili per evitare il fermo dal 9 dicembre: il principale era l’annullamento del taglio al recupero dell’accisa sul gasolio; il secondo il mantenimento delle risorse per proseguire nella riduzione del costo del lavoro mettendo a disposizione soldi immediati alle imprese; il terzo l’avvio di un sistema di controlli diverso che con coinvolgesse l’Albo nelle verifiche del rispetto delle regole, in modo da privilegiare le imprese regolari, rispetto a quelle che non lo sono. Su tali aspetti il Senato, approvando un emendamento del Governo, ha assicurato il totale mantenimento, come nel 2013, del recupero dell’accisa; ha mantenuto le risorse utilizzate nell’anno 2013 (dei 400 milioni stanziati nel 2013 le imprese ne hanno utilizzato solo 330, così risulta dal bilancio dello Stato), ha rimodulato i compiti del Comitato dell’Albo avviando quel percorso che consentirà di individuare le imprese che non rispettano le regole, non versano i contributi o non pagano le tasse; ha definito azioni per combattere le forme di cabotaggio abusivo. Il protocollo ha affrontato anche la questione dei tempi di pagamento a 30 giorni che verrà inserito nella legge di conversione. La loro attuazione dovrà essere in modo assoluto compatibile con le norme fiscali esistenti: ecco perché devono essere assoggettate alle previste verifiche degli organismi preposti. È stato istituito un tavolo di confronto per esaminare e trovare le possibili soluzioni ai problemi dei vettori che risiedono nelle isole (gli argomenti non sono semplici e lo dimostra il fatto che dal 2000, quando alcune associazioni effettuarono un fermo di dieci giorni, le richieste sono rimaste identiche a quelle di oggi e non si è risolto nulla). Occorrerebbe quindi che qualcuno si domandasse le ragioni del proprio fallimento. Pretendere tutto e subito non è possibile; occorre tener conto delle norme comunitarie e avere la capacità di proporre cose sostenibili. È alla luce di questi risultati, rapportati alla situazione economica che le federazioni responsabili (tutte, tranne una) hanno preso la decisone di sospendere il fermo. La domanda da porsi è se, dopo aver ottenuto dei risultati che economicamente valgono circa 700 milioni di euro in un momento difficile senza aver perso un’ora di lavoro e dopo aver avviato un confronto su altri temi la cui verifica si terrà entro gennaio, esistano le convenienze di attuare un fermo oppure no. Effettuato il fermo tutto è finito; con la trattativa il confronto si prosegue. So bene che esistono sacche di insoddisfazione; che i pareri sono discordi. Vi sono realtà che in tutta legittimità ritengono di dover proseguire l’iniziativa. Dai documenti diffusi però sembra che sussistano diversità nelle richieste che hanno presentato. Vi sono poi documenti che in modo esplicito parlano di ribellione, che istituiscono il coordinamento della rivoluzione. Forse vi saranno anche le ragioni per avviare una fase così cruenta, ma forse occorrerebbe dire con franchezza il vero obiettivo. Risolti i problemi dei Cobas del latte, degli agricoltori (che per inciso occorre ricordare erano dati per risolti già nell’anno 2000 e sempre dai medesimi protagonisti di oggi) davvero si pensa che il senso di solidarietà sarà così forte da indurre chi è oggettivamente committente del trasportatore a sostenere ragioni quali i tempi di pagamento o il riconoscimento dei costi di esercizio che invece sono essenziali per chi esercita la nostra attività? Temo che gli obiettivi siano altri. Ovvero creare condizioni di protesta. E gli autotrasportatori assicurano visibilità bloccando le strade. Qualcuno sta cercando di far passare l’ipotetico fermo per una battaglia per l’autotrasporto, quando così proprio non pare che sia. A noi pare che il destinatario di queste richieste non sia il ministero dei Trasporti, che non ha competenze sull’agricoltura, sul latte etc, ma il Governo nel suo insieme che si troverà a fronteggiare questioni che toccano l’ordine pubblico. Ognuno è libero di effettuare proteste, ma occorre sapere quello che si vuole e cosa si può ottenere. Ognuno infine dovrebbe valutare quanto sia utile nel periodo che precede il Natale, dove peraltro si riprende un po’ l’attività lavorativa, mettere in difficoltà tanta gente. Gli imprenditori solitamente investono per avere un ritorno economico. Il fermo è un’azione che rientra in questa visione imprenditoriale. Oggi, senza investire, sono stati risolte alcune delle questioni che toccano i bilanci aziendali (le più immediate). Riflettiamo se non valga la pena cercare attraverso il confronto e la prevista verifica di poter ottenere anche le risposte a temi altrettanto importanti. Oggi prendiamoci quanto ottenuto; il mese di gennaio non è così lontano e niente ci vieta di riprendere le iniziative che oggi la ragione ci dice sia giusto sospendere”.