Quante sono le aziende di autotrasporto italiane “davvero attente” alla sicurezza stradale? Se la risposta dovesse essere data basandosi sulla percentuale di imprese del settore che hanno adottato la norma Uni En Iso 39001, ovvero lo standard internazionale per la gestione della sicurezza stradale (tenendo monitorato il numero di infortuni gravi o addirittura mortali che hanno avuto per protagonisti propri conducenti e propri mezzi da collisioni stradali, in modo da poter gestire così al meglio così tutto quanto è realizzabile per fare prevenzione), verrebbe da dire poche. Addirittura pochissime. Perché sono ancora troppo poche le imprese di autotrasporto che”hanno “seguito questa strada”, come conferma Roberto Galli, professionista che si occupa proprio di analizzare e favorire la sicurezza nel lavoro. Un super esperto in materia invitato dalla direzione della Fai (Federazione autotrasportatori italiani) di Bergamo a partecipare a un incontro organizzato nella propria sede di Orio Al Serio proprio per diffondere la conoscenza di una norma ancora sconosciuta nonostante sia entrata in vigore ormai da anni. “Ancora troppo sconosciuta per diverse ragioni”, ha spiegato Roberto Galli ai numerosi associati intervenuti, “per una serie di ragioni: perché ancora troppe persone, sia all’interno delle imprese sia all’esterno, compresi coloro che dovrebbero essere in prima fila a “spingere” la cultura della sicurezza, “sottovalutano il suo valore”. Un valore valutato invece altissimo dall’Esg, sigla che sta per Environmental social and governance, diventato uno dei capitoli fondamentali per riscrivere la storia, in termini etici, sostenibili, sociali, delle imprese, con i riflettori sempre più puntati sulla mobilità sostenibili e sicura. Temi fondamentali più che mai in un settore che fa viaggiare ogni giorno centinaia di migliaia di camion sulle strade, mezzi che proprio per le loro dimensioni possono rappresentare un pericolo elevatissimo in caso d’incidente. Un mondo, quello dell’autotrasporto, che dovrebbe dunque, prestare più attenzione di altri, cosa che però non avviene, come ha confermato il manager (applaudendo la grande attenzione che invece Fai Bergamo ha sempre dedicato al tema “organizzando più eventi per far accelerare la cultura della sicurezza”), perché , ha affermato, “spesso le priorità aziendali, ma anche di altre organizzazioni, si concentrano su altre norme come l’Iso 9001, relativa alla qualità, o l’Iso 45001, relativa alla salute, ritenute più rilevanti o più richieste dai clienti”. Ma a “frenare” la corsa verso la sicurezza”, ha aggiunto, ” ci sono anche i costi e la complessità di un sistema che richiede risorse economiche, tempo e competenze specifiche. E non tutte le organizzazioni, soprattutto quelle piccole e medie, riescono a sostenere questi costi. E, ancora, a concorrere a tenere pericolosamente bassa la percezione di un rischio invece significativo, non sentendo così l’esigenza di adottare la norma, c’è anche il fatto che non esiste obbligo, perché aderire all’iso 39001è una scelta puramente volontaria. E in Italia quando non ci sono incentivi o “pressioni” fatte proprio rendendo le regole obbligatorie, molte imprese preferiscono non adottarla. Una tendenza che potrebbe però essere invertita se venissero introdotti incentivi fiscali, sconti assicurativi o altri benefici per le aziende certificate”. Già, ma cosa comporta certificarsi, ha chiesto più d’un imprenditore in aula. Domanda alla quale il manager della So Consul Tecnica srl ha risposto in modo chiarissimo, reso ancor più comprensibile dal riassunto scritto mostrato a tutto schermo nell’aula corsi della Fai bergamasca. Con un passo da compiere rigorosamente per primo “facendo un’analisi del contesto per valutare i rischi, con l’azienda chiamata ad avviare un processo per identificare i rischi principali legati alle attività di trasporto individuando le rotte critiche, ovvero le strade con alta incidenza di incidenti o condizioni pericolose, come per esempio curve strette, poca illuminazione. Disegnando e aggiornando una vera e propria mappa per evitare o gestire questi tratti”. Seconda “manovra” da fare: “realizzare un vero e proprio “osservatorio” sugli orari rischiosi: i viaggi notturni e quelli in condizioni di traffico intenso, nelle ore di punta, analizzati per poi adottare strategie preventive, come modifiche agli orari di partenza”. Terzo punto, le condizioni dei veicoli, con la verifica puntuale ”, ha sottolineato Roberto Galli, “ della frequenza della manutenzione ordinaria e straordinaria per ogni mezzo della flotta.” Infine la “componente umana”, il conducente “che deve diventare oggetto di una vera e propria indagine sulle abitudini d per rilevare situazioni di stress, affaticamento o mancanza di formazione specifica”. Preziosissime indicazioni, ascoltate con grande attenzione e in diversi casi annotate sui block notes dai partecipanti, attentissini anche a recepire- annotare l’invito rivolto da Roberto Galli agli imprenditori a far fare agli autisti “più pause di sicurezza, inserendo soste obbligatorie ogni due ore di guida per evitare affaticamento”. Soste destinate a rallentare un po’ le consegne? Può darsi, ma importantissime per raggiungere il traguardo prioritario indicato dalla norma ancora troppo sconosciuta: “la riduzione in una quota almeno del 20 per cento degli incidenti stradali”, da ottenere “migliorando la manutenzione e assicurando così che ogni autocarro venga sottoposto a controlli trimestrali preventivi, ma anche attraverso la formazione dei conducenti garantendo sessioni di ftudio obbligatorie su sicurezza stradale e tecniche di guida difensiva per tutti i conducenti”. E magari, ha concluso Roberto Galli, “adottando anche le misure operative indicate da Trasporti Veloci Srl: manutenzione preventiva con la creazione di un calendario automatico per programmare controlli sui veicoli, con verifica regolare di freni, pneumatici, luci e sistemi elettronici; dotazione di sistemi telematici Gps avanzati per monitorare in tempo reale velocità, pause effettuate e comportamenti dei conducenti; utilizzo di un software per la gestione dei turni pianificandoli in modo da garantire che i conducenti rispettino i limiti legali di guida, massimo 9 ore giornaliere, e facciano pause obbligatorie”. E magari, per dimostrare d’essere “ avvero attenti alla sicurezza”, aggiungendo “corsi di guida sicura e sulle tecniche per affrontare emergenze stradali, ma anche sulla riduzione del consumo di carburante (eco-driving), unendo sicurezza e tutela ambientale”. Senza dimenticare l’ultimo, ma non certo per importanza, invito: quello ad “adottare una politica interna sulla sicurezza che vieti l’uso del telefono durante la guida, con sanzioni disciplinari per i trasgressori”. “Le strade per aumentare la sicurezza esistono, basta percorrerle”, ha commentato Maura Baraldi, organizzatrice dell’iniziativa, invitando gli associati a riservare una grandissima attenzione ai risultati ottenuti dopo un anno da aziende “che hanno concretamente dimostrato di essere attente alla sicurezza e che hanno registrato un calo dei guasti su strada”. Risultati che mostrano conducenti più soddisfatti per miglioramenti nei turni di lavoro che hanno ridotto stress e affaticamento ma anche una migliore reputazione aziendale”. Con l’impresa che ha guadagnato insieme con la credibilità presso clienti attenti alla sicurezza stradale anche in termini di fatturato”. La conclusione? La sicurezza ha un costo, certo, ma “tagliarlo” può risultare molto più caro… A buon imprenditore poche parole…