Ci sono storie che sembrano “scritte” apposta per mandare in bestia la parte più onesta, seria, pulita dell’Italia, quella che lavora da mattina a sera, magari per restituire prestiti che la banca ha concesso, a tassi ben più alti ovviamente da quanto la banca stessa “paga” il denaro. O magari lavoratori che non riposano neppure il sabato o la domenica e non vanno in ferie perché la banca quel prestito, senza particolari garanzie, non gliel’ha concesso. A questo – già lungo – elenco di storie da far venire il voltastomaco al “popolo degli onesti” se ne aggiunge una nuova: quella che ha per protagonista un imprenditore originario dell’Emilia Romagna ma residente all’estero arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta dagli agenti della Guardia di Finanza secondo i quali l’uomo, alla guida di un consorzio attivo nel settore della logistica avrebbe sistematicamente svuotato le casse prelevando denaro da utilizzare per noleggiare auto fuoriserie e perfino aerei privati. Per fare, insomma, una vita da nababbo (gli investigatori gli hanno sequestrato beni e somme di denaro per un valore complessivo superiore a cinque milioni di euro) e questo grazie (ed è qui che la storia diventa indigesta per chi pur lavorando sodo non trova “aiuti” finanziari) anche a un un finanziamento di 600mila euro garantito dal Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, ottenuto alla vigilia della dichiarazione di liquidazione giudiziale del consorzio che, tra l’altro, avrebbe omesso anche il pagamento di imposte e contributi per oltre 2,5 milioni di euro.