La strategia di decarbonizzazione industriale dell’Unione europea può “dimenticare per strada” nel suo “viaggio” per dare impulso alle tradizionali industrie ad alta intensità energetica il mondo della produzione dei carburanti? E’ questa la domanda che si stanno ponendo i responsabili delle principali aziende operanti nell’industria della produzione di prodotti petroliferi per la mobilità operanti in Europa alla vigilia della presentazione, fissata per il 26 febbraio, da parte della Commissione europea del “Clean Industrial Deal”, primo passo del progetto per dare risposte concrete alle domande dei “grandi consumatori” d’energia, quali per esempio le industrie dell’acciaio , dell’alluminio o del cemento e ai settori emergenti delle tecnologie pulite. Una domanda messa nero su bianco in una lettera inviata ai vertici europei per chiedere “il riconoscimento della raffinazione come settore essenziale e strategico ai fini del successo della transizione e quindi richiedendone l’inclusione nel “Clean Industrial Deal” come sottolinea un comunicato stampa diffuso da Unem, l’Unione per le energie della mobilità. Nella lettera si legge che l’Europa “non può permettersi di perdere gli investimenti necessari per la transizione e un Clean Industrial Deal che ignori l’importanza strategica dell’industria manifatturiera dei carburanti può avere conseguenze impreviste, tra cui la perdita di competitività di intere catene di valore industriale legate alla fornitura di carburanti e prodotti (come chimica e petrolchimica, automotive, aeronautica, navale e militare), la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la perdita di migliaia di posti di lavoro, nonché il mancato raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e economia circolare. L’industria della raffinazione europea”, prosegue la lettera, “sostiene pienamente l’ambizione dell’Unione Europea di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ma chiede che venga definito un giusto quadro politico affinché possa fornire carburanti e prodotti a basse emissioni di carbonio e rinnovabili, essenziali per la transizione, sostenendo la competitività e la resilienza europea e degli Stati membri”. “Il nostro settore è tra i più esposti alla concorrenza di paesi extra-Ue che godono di indubbi vantaggi in termini di costo dell’energia, della Co2 e di costo del lavoro, oltre che di normative ambientali molto meno stringenti”, ha commentato Gianni Murano, presidente di Unem. “Ciò mette fortemente a rischio la possibilità di perseguire il processo europeo di conversione verso prodotti sempre meno fossili ed in linea con gli obiettivi dei Piani energetici nazionali. Estendiamo e ribadiamo quindi al Governo italiano le richieste avanzate dall’industria europea perché crediamo che in questa particolare fase storica sia più che mai necessaria unità di intenti e visione comune sul futuro di un settore da cui dipende non solo il successo della transizione, ma anche la sicurezza energetica dei Paesi europei”.