Figli di una mobilità minore: 3000 paesi costretti a perdere per strada la vocazione turistica

Figli di una mobilità minore. Facendo il verso a una celebre opera teatrale portata poi sul grande schermo – Figli di un Dio minore, ambientato in un istituto per sordomuti e interpretato da un’attrice realmente sorda- potrebbe essere questo il titolo per l’ultima indagine realizzata da Confcommercio. Già perché l’analisi dimostra, numeri alla mano, come siano proprio i piccoli centri delle aree interne (oltre 3800 che rappresentano circa la metà dei comuni italiani e comprendono quasi un quarto della popolazione, poco meno di 14 milioni di residenti, situati per la maggior parte in zone rurali in particolare del Meridione e con una popolazione principalmente sotto i 5 mila abitanti) a “soffrire di una serie di svantaggi in termini di mobilità che ne limitano l’accesso ai servizi essenziali e la crescita di attività economiche”. Ma c’è anche un’altra ragione per cui il titolo “preso in prestito” dall’opera teatrale e dal film che ha visto come protagonista William Hurt, sembra calzare a pennello: la sordità. Quella di chi puntualmente fa orecchie da mercante alle richieste di collegamenti migliori anche per i paesi più piccoli, “territori con potenzialità di sviluppo, soprattutto per il turismo”, come afferma l’indagine di Confcommercio realizzata in collaborazione con Isfort, con l’augurio che il messaggio, questa volta, venga ascoltato. Un messaggio che peraltro dovrebbe apparire di vitale importanza a tutti considerato che riguarda il futuro di quella che è la principale “industria” del Belpaese, il turismo. Con “il 77 per cento dei comuni delle aree interne a vocazione turistica”, come mette subito in chiaro, fin dalle prime righe, il comunicato diffuso dall’ufficio stampa dell’associazione dei commercianti , evidenziando come ci sia “un universo di comuni con una propensione turistica, con poco meno di 13 milioni di residenti,  spesso misurata non solo da fattori primari, come le condizioni ambientali o il patrimonio storico, artistico e culturale, ma anche dalla presenza di strutture ricettive, musei e visitatori”. Una vocazione spesso repressa sul nascere proprio da collegamenti inadeguati. “Bisogna ridurre il gap rispetto alle aree più centrali del Paese per via di una accessibilità limitata che penalizza le possibilità di sviluppo delle aree interne e l’ingresso nel mercato turistico internazionale”, è la conclusione alla quale sono giunti gli esperti di Confcommercio, denunciando a chiare lettere come proprio “la mancanza o la carenza di infrastrutture e di servizi di mobilità da un lato a determinare la marginalità dei territori e, dall’altro a ridurre le potenzialità di sviluppo che, se opportunamente valorizzate, potrebbero restituire centralità a questi luoghi facendo leva sulle peculiarità delle risorse locali e del patrimonio ambientale, artistico e culturale. Infatti, i comuni delle aree interne contribuiscono ad appena il 17,4 per cento della mobilità italiana, misurata in passeggeri per chilometro, quasi tutto imputabile a quelli turistici”. “Dunque, cosa fare? “ E’ necessaria la realizzazione di opere infrastrutturali puntuali e circoscritte finalizzate al “rammendo” della rete trasportistica di collegamento ai centri minori e il potenziamento o l’attivazione di servizi di trasporto in grado di assicurare spostamenti efficaci ed efficienti da e verso questi territori”, afferma il del Consiglio di Confcommercio incaricato per i borghi, Giacomo Bramucci, “si tratta, in sostanza, di attuare un piano concreto di interventi e azioni improntati alla flessibilità, alla sostenibilità e alla compatibilità. Perché occorre adeguarsi alla disponibilità di risorse, porre attenzione all’equilibrio economico e all’impatto ambientale, tener conto della capacità ricettiva dei territori e dei contesti sociali interessati”.

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