Avere un futuro roseo è un desiderio di tutti. Compresi gli organizzatori della Valli bergamasche revival internazionale che per il futuro si augurano di poter avere sempre più concorrenti donne al via della manifestazione organizzata per celebrare una gara diventata leggenda. Un evento che i responsabili del Moto Club Careter di Nembro (alla guida dell’edizione 2024 in calendario l’8 e 9 giugno a Selvino insieme ai responsabili della Scuderia Norelli, ideatrice dell’evento) hanno provato colorare sempre più di rosa fin da subito, lanciando all’”altra metà del cielo” che ama affrontare su due ruote i percorsi fuoristrada, l’invito a presentarsi al via. Invito raccolto da un esiguo numero (cinque concorrenti su 231) di donne pilota, pronte però a recitare il ruolo da protagoniste . E pronte perfino ad affrontare anche una lunga trasferta pur di poter dire, un giorno, io c’ero, magari ricordando che, al loro fianco, c’erano assi della moto off road del calibro di Stephan Peterhansell, vincitore di 14 Dakar su due e quattro ruote. Una lunga trasferta che non ha spaventato Valentina Di Gioia e Gina a Giro, del Granducato Racing Team di Firenze (squadra capitanata dal presidente Dario Bonan che negli anni ha collezionato titoli italiani, europei e mondiali, e che nel 2024 ha creato una squadra femminile). Due “pilotesse” che alla vigilia della competizione hanno voluto raccontarsi e raccontare la loro scelta di essere al nastro di partenza. Partendo, come nel caso di Valentina Di Gioia, da come è nato l’amore (sentimento rappresentato proprio dal colore rosa) per il fuoristrada: “decidendo di mettersi in gioco dopo aver fatto per 20 anni da spettatrice accompagnando mio marito alle gare di enduro, agli allenamenti e sulle piste da cross”, come spiega confessando di aver vissuto “mesi durissimi fatti di fatica e, non lo nascondo, lacrime nel bosco”, ma diventati alla fine “divertimento puro, di cui ora non posso più fare a meno”. Pronta a sfidare “i maschi che spesso ti sottovalutano ma poi ti apprezzano, soprattutto quando rimani in gruppo con gli stessi ritmi e senza farti aspettare troppo. I maschi che poi iniziano a coccolarti e a prendersi cura di te spronandoti a fare meglio e a imparare sempre di più”. Un inizio della propria “storia motociclistica” diverso da quello di Gina a Giro che all’enduro, spiega, si è “avvicinata senza esperienze vicine che potessero avvicinarmi a questo mondo, dopo aver casualmente conosciuto un gruppo di enduristi”. Senza probabilmente immaginare che da quel momento sarebbe stato “amore a prima vista, adorando immediatamente la combinazione di adrenalina, impegno fisico e connessione con la natura che offre l’enduro, disciplina che ti mette alla prova su tutti i fronti: fisico, mentale e anche meccanico. Con la meravigliosa comunità dell’enduro pronta a supportarmi, dandomi consigli e incoraggiamento lungo il percorso”, prima di ritrovarsi in quello che Gina a Giro non esita a definire “il posto più bello del mondo: il paddock” e dove ritrovare i compagni del team GranDucato “diventati una seconda famiglia”. Due esponenti di un mondo di donne pilota destinate davvero a diventare sempre più numerose? “Direi proprio di sì”, risponde senza alcuna esitazione Valentina Di Gioia, “non ho mai visto tante ragazze ultimamente con serie intenzioni approcciarsi a questo sport e disciplina e ai collegiali femminili organizzati dalla Federazione le presenze sono sempre più numerose”. Una crescita, aggiunge la compagna di squadra e amica, “frutto dei cambiamenti culturali verso l’inclusività nello sport, della maggiore accessibilità grazie a comunità online e eventi dedicati, oltre che dei progressi tecnologici nelle moto per un approccio anche a pilote meno esperte. Tutti elementi che stanno rendendo l’enduro sempre più attraente per le donne”. Piloti in rosa “penalizzate” dalla differenza di forza fisica con i maschi? “La forza fisica, spesso utilizzata dagli uomini in alcuni passaggi di enduro per superare l’ostacolo, può essere il tallone di Achille per le donne, o almeno per me lo è”, ammette Valentina Di Gioia, consapevole che però esiste un percorso ben preciso per colmare il gap: “avere ancora più tecnica”. “Obiettivo raggiungibile”, s’inserisce la compagna, “a condizione di “trovare orientamento, formazione, attrezzature e moto adatte, cosa che può essere difficile, così come non è facile muoversi senza una rete consolidata a cui rivolgersi per il supporto necessario soprattutto nei primi passi verso questo sport”. Tutti ostacoli, sul percorso dell’enduro rosa, nell’affrontare il quale le rivali dei maschietti hanno però un’arma in più: “La determinazione nel raggiungere l’obiettivo, la concentrazione, la concretezza che contraddistingue il modo femminile”, rispondono quasi all’unisono le due concorrenti che non hanno saputo resistere al richiamo della “Valli Bergamasche Revival Internazionale” anche dopo averne letto la storia e soprattutto dopo aver scoperto, conclude Valentina Di Gioia, che “è passata alla storia come la gara più difficile e impegnativa della nostra specialità, al punto che, nell’edizione del 1973, complice anche il maltempo, dei 273 piloti partenti ne arrivarono al traguardo soltanto 24. Sarà un onore partecipare e far rivivivere la storia di un tassello così importante dell’enduro”. Parole che Gina a Giro ascolta annuendo perché, afferma, “partecipare a questa competizione significa onorare l’eredità di generazioni di piloti e celebrare un legame profondo con la natura e la storia di questi luoghi meravigliosi, luoghi dove l’enduro ha radici profonde”. Impossibile, dunque, per la coppia di donne pilot, non essere al via a Selvino. Anche per indicare un nuovo percorso per il futuro, sempre più colorato di rosa…..