Camion e merci italiane “isolate” dall’Europa: le denunce continuano ma non portano a nulla

Troppi ostacoli frenano l’attraversamento via strada e via ferrovia dell’arco alpino da parte delle imprese italiane e solo abbattendoli sarà possibile restituire competitività  ai settori dei trasporti, dell’industria e all’intero sistema economico italiano. Un concetto che da troppo tempo ormai il mondo dell’imprenditoria italiana denuncia alle istituzioni, ma senza che i limiti imposti al superamento della catena montuosa che di fatto “isola” l’Italia dal Resto d’Europa siano mai stati cancellati. Anzi, sono aumentati, facendosi letteralmente beffe delle norme che prevedono la libera circolazione di persone e merci nel vecchio continente di cui l’Italia fa parte. Una situazione insostenibile, oltre che economicamente politicamente, che è stata denunciata una volta di più  in occasione del  convegno organizzato da Anita dal titolo  “Le Alpi al centro delle politiche di trasporto per la competitività dell’economia italiana” che si è svolto al Centro studi americani di Roma con l’intervento  del viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti Edoardo Rixi accolto dal presidente dell’associazione di trasporto che fa capo a Confindustria,  Thomas Baumgartner, che nella sua relazione introduttiva ha subito posto l’accento, oltre che sulle “esigenze di ammodernamento e sviluppo infrastrutturale, sia stradali sia ferroviarie, la cui soddisfazione è funzionale alla permeabilità delle Alpi”, sul fatto che “le Alpi andrebbero considerate come elementi di cerniera tra i diversi territori e non come barriere naturali divisive, rispetto a cui i Paesi europei dovrebbero adoperarsi per un loro fluido attraversamento e dunque per una gestione coordinata della mobilità, di persone e merci, in condizioni di sostenibilità ambientale ed efficienza operativa. I valichi alpini rappresentano la connessione fisica tra i mercati produttivi e di consumo italiani ed europei”, ha ribadito il presidente di Anita nel suo intervento ascoltato con grande attenzione dal vice ministro che dopo aver  ricordato  le principali attività poste in essere dal Governo fin qui per favorire il trasporto delle merci da e verso l’Italia, ha puntato i riflettori sulla necessità di “un cambio di prospettiva da parte del Paese  necessario a assicurare al settore dell’autotrasporto concrete possibilità di investimento, garantendo attività di qualità e andando a tutelare il lavoro degli autisti”.   Un cambio di prospettiva da parte dell’Italia che non risolverà certo i problemi se la politica italiana non si rivelerà capace di far cambiare prospettiva all’Austria”, come potrebbe aver pensato qualcuno in sala  ascoltando i dati analizzati dai responsabili del Centro studi di Confindustria, e illustrati dal direttore   Alessandro Fontana, che hanno confermato, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, l’assoluta “importanza dell’interscambio commerciale tra l’Italia e i Paesi europei”. Concetto che trasportatori e produttori hanno compreso perfettamente da sempre:il problema è come farlo capire all’Austria (e all’Europa che sull’intera vicenda sta recitando alla perfezione un ruolo da Ponzio Pilato?