Il Governo scarica Parlamento e corpi intermedi, ma così fa aumentare il carico di rabbia nel Paese

C’è stato, e forse esiste ancora, un tentativo nel nostro Paese di mettere da parte il ruolo dei cosiddetti corpi intermedi. Scopo, prevedere un sistema democratico (?) nel quale il leader parla direttamente al popolo e ne risponde allo stesso. Una sorta di sistema presidenziale dove il ruolo del Parlamento viene considerato, se non inutile, “non indispensabile”. Qualcuno potrà affermare che questo modo di gestire la democrazia è in vigore in diversi Paesi del mondo, uno su tutti gli Stati Uniti d’America. Quello che tuttavia non può essere dimenticato sono i contrappesi che consentono di limitare i poteri dell’uomo solo al comando. Una separazione dei poteri, madre del liberismo, invocata per primo dal “padre” di questo principio, Montesquieu, e ribadita un secolo più tardi da Alexis De Tocqueville, precursore della moderna sociologia, al termine di un lungo viaggio negli “States”, che anche nel nostro Paese è stata a lungo coltivata ma con risultati, almeno a giudicare da quanto sta avvenendo, non esattamente esaltanti. Colpa probabilmente della difficoltà, non indifferente, di controbilanciare i “pesi” sui piatti della bilancia: impresa la cui riuscita dipende dalla funzione che si attribuisce ai corpi intermedi e, soprattutto, da come le forze politiche esercitano il potere loro demandato nell’esercizio delle proprie funzioni. Concetti generali che dovrebbero apparire chiarissimi a tutti, ma che oggi non sembrano poter impedire all’Italia di andare proprio verso la direzione “dell’uomo solo al comando”. Con il Paese guidato da uomini mai eletti; esperti, il più delle volte autonominatisi tali; personaggi d’avanspettacolo. Una “banda” di “scappati di casa”, come li ha definiti qualcuno, che stanno gestendo il Paese in spregio talvolta alle regole della democrazia. E con risultati che sono tristemente sotto gli occhi di tutti, a partire dalle limitazioni delle libertà costituzionali, reiterate in un decreto legge molto prima che il requisito dell’urgenza si manifestasse. Provvedimenti, che limitano le libertà individuali, assunti con atti amministrativi (il Decreto del presidente del consiglio dei ministri questo è) decisi senza coinvolgere il Parlamento sovrano e, quel che più è grave, affidando i poteri decisionali a soggetti che nulla hanno a che vedere con il mandato popolare. Essere giunti a un punto così rischioso tuttavia non significa che il sistema democratico non funzioni: esiste, evidentemente, una responsabilità precisa delle forze politiche, soprattutto di maggioranza, ma anche della stessa opposizione, che forse per tornaconto personale non hanno esercitato il potere d’interdizione né hanno utilizzato le prerogative che appartengono loro. Una domanda-riflessione va obbligatoriamente posta: se non vi fossero stati i tanto vituperati corpi intermedi cosa poteva succedere? Come avrebbe reagito la gente? Chi avrebbe potuto incanalare le complesse questioni che tutte le categorie e la stessa popolazione chiedono siano risolte? Certamente non si può affermare che i risultati siano entusiasmanti, ma se alcune evidenti storture sono state corrette lo si deve proprio al lavoro dei corpi intermedi. Limitare molte iniziative sbagliate e tenere, almeno fino a oggi, un rapporto costante con operatori e cittadini estremamente delusi e arrabbiati non è stato facile. E ancora più difficile è prevedere se e quanto questa “valvola di sicurezza” reggerà, perché tutto ha un limite. E perché certe miscele, di delusione e rabbia, continuando a gettare benzina sul fuoco possono essere esplosive. A chi andrà attribuita la colpa quando, nei prossimi mesi, le condizioni potrebbero peggiorare e i lavoratori rischiare di perdere il posto, perché le imprese senza la liquidità necessaria, da subito richiesta da Conftrasporto, potrebbero chiudere le attività? Gli interventi utilizzati in altri Stati sono stati ripetutamente evidenziati al Governo che non ha voluto neppure ascoltare, proseguendo per la “sua strada”. E assumendosi ogni responsabilità. Le imprese di autotrasporto, pur con notevoli rischi e difficoltà, talvolta determinate dagli stessi “beneficiati”, hanno consentito che il Paese non si fermasse, tanto da essere chiamati eroi. Ora qualcuno prova a dimenticarlo e le misure emanate non sono così in linea con le richieste ritenute indispensabili (da chi sa, a differenza di molti politicanti…) per garantire la sopravvivenza delle attività ma anche a evitare possibili azioni spontanee di protesta. Senza liquidità, senza interventi del Governo e senza certezza dei pagamenti da parte della committenza, le imprese non pagheranno i fornitori e i collaboratori. Molti chiuderanno, e allora avremo situazioni drammatiche da gestire. Peggiori probabilmente di quelle “sanitarie”. Dare risorse alle ferrovie o favorire con delle vere e proprie “marchette” i soliti noti, questa volta non sarà sopportato. Nel passato sono state le federazioni responsabili a portare avanti con adeguate azioni la conciliazione degli interessi di carattere generale con quelli settoriali. Senza la presenza dei corpi intermedi cosa si sarebbe potuto verificare nella vicenda dei forconi qualche anno fa? Lo Stato vuole davvero che la rabbia abbia il sopravvento nella gente? Meno politica e più ascolto con chi rappresenta gli interessi delle categorie: solo così le soluzioni possono essere trovate. Occorre una classe politica che sappia capire le esigenze e sia in grado di veicolarle sulla strada del confronto e non dello scontro. Qualcuno ci dovrebbe pensare seriamente smettendola di prendere per degli inetti coloro che “comprendono le verità che stanno dietro a certe scelte”. È la composizione dei diversi interessi e delle risposte alle differenti esigenze che consente a una società di progredire senza che vi siano reazioni scomposte. Un esempio? Il finanziamento del ferro e mare bonus è giusto, ma va utilizzato un sistema che eviti a intermediari di essere i veri destinatari degli incentivi. In caso contrario i beneficiati non sono di certo gli operatori del trasporto, ma altri…. Ci sono principi che i politici veri avevano compreso secoli fa, attribuendogli il giusto valore, e che  avevano attuati. Cosa che non pare essere nelle caratteristiche di tutti i rappresentanti della politica di oggi. Che forse Montesquieu e De Tocqueville non sanno neppure chi fossero….

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio