Il Governo apre le strade alle imprese straniere per travolgere e uccidere l’autotrasporto italiano

Sono moltissimi gli imprenditori, i lavoratori che da settimane sognano di poter ripartire, di poter recuperare finalmente i fatturati persi per l’emergenza pandemia, per il fermo forzato delle attività che ne è derivato. Persone che sognano, oltre a una fiala di vaccino, anche un’iniezione di fiducia. Un “pieno di ottimismo” per ripartire il più velocemente possibile che molti speravano di poter “fare” ascoltando la conferenza stampa del premier Giuseppe Conte, leggendo più attentamente il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri e i commenti dei maggiori giornali. Appuntamenti, davanti alla tv e in edicola, che hanno fatto frenare l’ottimismo per lasciare spazio alla prudenza. Anche perché, da quanto si comprende, esistono interpretazioni difformi ed è lecito dunque attendersi nuovi provvedimenti, con la speranza che in qualche modo riescano a chiarire i tanti aspetti ancora poco chiari. Non è per voler dare addosso a qualcuno, ma non c’è dubbio che ancora una volta anziché comunicare con la dovuta precisione, in un momento delicato si è continuato a utilizzare espressioni aleatorie. Un esempio? Non si è fatta chiarezza sugli spostamenti regionali e su chi sono coloro che si possono spostare; si è lasciata indefinita perfino la presenza (e in che numero) alla cerimonia per dare l’ultimo saluto a un congiunto (per usare il “vocabolario” del governo) ucciso da questo virus che proprio nella “comunicazione di Stato” ha trovato probabilmente un complice: ricordate la fuga di notizie che di notte ha fatto scappare migliaia di persone dal Nord al Sud (a proposito nessuno si sogna d’indagare su quella fuga di notizie e sulle morti che potrebbe aver provocato)? Persone salite a bordo di mezzi destinati di li a poco a vedere sbarrare le porte per frenare il contagio, lasciando fermi molti treni, molti pullman. A non fermarsi sono stati invece i camion, chiamati a garantire la sopravvivenza del Paese trasportando cibo, medicine: cosa che stanno continuando a fare nonostante le imprese del settore siano state letteralmente abbandonate a se stesse dallo Stato. C’era molta attesa, nella categoria, per questo decreto che prevede, certo, aperture che consentiranno più servizi di trasporto, di magazzinaggio e di logistica, ma che lascia indefinito o addirittura irrisolto un aspetto fondamentale: il tema della liquidità. “Soldi veri”, non “annunciati” disponibili subito sui conti correnti di chi deve pagare conducenti e carburanti (e che deve fare i conti con gli insoluti di molti committenti senza che neppure in questo caso nessuno intervenga, come dovrebbe, “a gamba tesa”). Aiuti che Conftrasporto ha chiesto fin dall’inizio della fase critica evidenziando come i Governi di altri Paesi stessero imboccando le strade giuste. Sarebbe bastato “seguirli”. Invece no. Conftrasporto non si è però arresa: ha continuato a chiedere finanziamenti a fondo perduto in ragione del numero dei dipendenti, indicando anche il percorso possibile che vedeva protagonista la Bce. E non era certo frutto di un “modo di pensare”, ma di fatti accertati. Anche Mario Draghi ha indicato sostanzialmente la stessa strada, mutando la messa a disposizione da parte delle banche in un prestito a lungo termine garantito dallo Stato (il che significa nessun rischio per il sistema bancario): è stato invece preferito un sistema diverso che non sta producendo gli interventi auspicati e decisivi. Una decisione che ha prodotto annunci da parte dei committenti di non poter riconoscere quanto concordato sui corrispettivi per i servizi di trasporto, peggiorando ulteriormente la situazione. Il risultato di queste scelte ha messo in difficoltà il sistema delle imprese, siano esse di trasporto oppure no, e ha fornito l’alibi ai “furbi” per comunicare ai trasportatori la non possibilità di onorare gli impegni assunti. In compenso ha consentito alle banche di avere le garanzie che più o meno richiedono da tempo. Complimenti! Quanto bisognerà attendere perché troppe imprese e piccoli operatori siano costretti, senza liquidità, a chiudere l’attività? Il tempo a disposizione sta scadendo ed è giunto il momento di ascoltare gli appelli fino a oggi rimasti inascoltati, ultimo in ordine di tempo, molto forte, quello arrivato dal presidente confederale Carlo Sangalli. Ora o mai più, perché per molti altrimenti potrebbe non esserci più un futuro. Certo, le “vittime” di questa incapacità a scegliere la strada giusta per uscire dall’emergenza economica, un domani saprebbero chi ringraziare, ma sarebbe una ben magra consolazione. Chi è rimasto deluso dalle decisioni annunciate dal premier, chi in questo nuovo decreto non ha trovato l’iniezione di fiducia per vaccinarsi contro la crisi, non si arrenderà. Aspettando che qualcuno comprenda, finalmente, quello che sta avvenendo nel mercato dei trasporti, con i Paesi concorrenti che hanno già ripreso le attività e già stanno offrendo servizi ai committenti italiani, offrendo prezzi concorrenziali che possono “permettersi” anche grazie al fatto che alla loro mancanza di liquidità ha pensato il governo. Per noi, invece, al massimo una sospensione di pochi mesi di alcuni contributi. Così non si va avanti.

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio