Medici, infermieri, cassieri, camionisti: sono tutti un po’ “eroi”. Ma c’è chi è trattato come “cattivo”

Medici e infermieri prima di tutti, pronti a sfidare ogni giorno il contagio per assistere possibili ammalati o persone che, il Coronavirus, invece l’hanno davvero preso e che in molti casi lottano fra la vita e la morte, attaccati a un respiratore;  e poi volontari della protezione civile, pronti a consegnare a domicilio la spesa ad anziani o più semplicemente facendo loro  una telefonata per non farli sentire soli, per scambiare due “chiacchiere” dall’altissimo “potere terapeutico”. E poi uomini delle forze dell’ordine, pronti ad accollarsi ore e ore di straordinari, pagati pochissimo, per controllare che l’invito a restare a casa, unica vera forma di difesa dall’epidemia, venga recepito, per disperdere gruppi  di persone, spesso giovani, che nonostante la drammaticità della situazione e i bollettini di guerra sembrano non aver ancora compreso il pericolo, mortale, anche per loro. Proseguendo poi con imprenditori disposti a fare turni straordinari per garantire nuove”armi” contro il contagio (come i titolari dell’azienda in provincia di Bologna che ha chiesto ai propri dipendenti il massimo sforzo e chiesto addirittura aiuto a tecnici dell’esercito per  raddoppiare e forse triplicare la produzione di respiratori da consegnare ai reparti di terapia intensiva degli ospedali, forse l’emergenza più grave dentro l’emergenza) e, ancora, le centinaia di migliaia di lavoratori che continuano la loro attività per garantire i medicinali o i beni di prima necessità  alla gente. Come i 410mila commessi, cassiere, addetti alle vendite di   700 punti di vendita che l’Adm, l’ associazione per per la  distribuzione moderna, che con un manifesto (che ritrae una giovane e sorridente commessa con tanto di grembiule davanti ad alcune casse di frutta) ha deciso di ringraziare “per il preziosissimo lavoro che fanno sette giorni su sette adoperandosi con coraggio, professionalità a attenzione a garantire i prodotti necessari alle esigenze di tutti”.  C’è un’Italia di milioni di persone in prima linea contro l’epidemia Coronavirus: un’Italia  di uomini e donne, giovani e meno giovani, professionisti, commercianti, operai: tutti uniti da un unico desiderio, spingere l’Italia al più presto fuori dall’emergenza, da quella che ha assunto tutti i connotati di na vera e propria guerra contro un nemico piccolissimo, al punto da essere visibile solo al microscopio, ma  temibilissimo, e di farlo con meno ”caduti sul campo” possibile.Ma anche milioni d’italiani con un altro unico comune  denominatore: tutti sono a loro volta ”assistiti” da una categoria di lavoratori, gli autotrasportatori, senza i quali gli sforzi di moltissimi di loro sarebbero vani. Perché senza medicinali e apparecchiature sanitarie, senza disinfettanti, i medici e infermieri non potrebbero salvare vite in un momento di straordinaria incertezza come questo. Perché senza merci caricate e scaricate gli scaffali di supermercati e negozi sarebbero drammaticamente vuoti e i pur 420 mila cassieri e commessi non avrebbero nulla da vendere, i medici cure da somministrare, le amministrazioni disinfettanti con cui sanificare mezzi pubblici e strade…. Una categoria indispensabile, un albero d trasmissione di tutto quanto serve per far viaggiare lungo  lo stivale quando indispensabile per combattere la situazione più grave mai registrata nel Paese dal decenni, dalla Guerra mondiale.  Decine, centinaia di migliaia di camionisti ai quali però troppo spesso il Paese, le istituzioni, non sembrano riconoscere il ruolo di assoluta importanza: basta guardare alle centinaia di casi in cui ai camionisti, arrivati a caricare o scaricare le merci è stato impedito di entrare, anche un solo istante, in bagno, per far pipì e magari disinfettarsi le mani, per bere un caffè alla macchinetta. Con addirittura terribili cartelli affissi alle porte con l’invito, rivolti proprio si soli autotrasportatori, a non varcare la soglia. “Io qui non posso entrare”: un cartello riservato di solito agli animali, e non a uomini che stanno dimostrando tutto il proprio “valore” e coraggio, il proprio attaccamento al Paese, non tirandosi indietro nel momento del bisogno. E soprattutto la propria consapevolezza del proprio ruolo, vitale, per la sopravvivenza dell’Italia. Anche se qualcuno, a dire la verità , a fermarsi  ci sta pensando. Non certo per non “dare una mano” come la categoria  ha sempre fatto nei momenti più duri vissuti da Paese (come nel caso dei terremoti che l’hanno colpito, raggiungendo per primi molte zone, sfidando nuove scosse, per allestire dormitori e ospedali da campo): ma perché  spinti a “dire basta” solo dall’atteggiamento, che il presidente di Conftrasporto e Confcommercio Paolo Uggè e molti altri hanno definito inqualificabile e inaccettabile, di chi  sembra prendere a calci, e neppure in modo troppo figurato, persone che hanno scelto di continuare a fare il loro lavoro, pur consapevoli di “viaggiare in mezzo al pericolo d’essere contagiati”. Camionisti che a casa hanno moglie e figli, fratelli e genitori anziani, spesso anziani e bisognosi d’aiuto, e che sono costretti magari a stare fuori casa giorni e giorni. Un’assenza prolungata, per di più da situazioni assurde, come il blocco del valico al Brennero disposto dall’Austria, che ha letteralmente “tenuto sequestrati” sulla A22 per 24 ore e più centinaia di camionisti , bloccati in code lunghe 60 chilometri. Possibile credere che molti di loro in queste condizioni possano continuare a non arrendersi, a non fermarsi? Un rischio reale, e destinato ad aumentare di giorno in giorno, senza qualcuno capace d’intervenire, comprendendo finalmente l’importanza del ruolo dell’autotrasporto nella “filiera del soccorso al Paese”, della lotta all’epidemia. Che, senza camionisti disposti a comportarsi a loro volta da “eroi”, come lo sono tanti medici, infermieri, volontari, poliziotti e carabinieri, lavoratori che le merci da trasportare le producono e lavorano, rischia davvero di trasformarsi un una catastrofica pandemia… Camionisti che non chiedono persone ai balconi che li applaudano, o giganteschi manifesti sulle pareti di un ospedale che sottolineino il loro “eroismo”: lavoratori che chiedono solo un bagno per fare i propri bisogni, per lavarsi, un autogrill dove bere un caffè e magari un cappuccio e brioche dopo aver saltato pranzo e cena, dopo aver dormito lungo la carreggiata… sembra troppo per chi sta permettendo che molti “eroi” possano continuare a esserlo?