Fermo dei Tir, c’è una sola strada per fermarlo. Ma c’è ancora tempo per percorrerla? 

Era fin troppo facile prevedere che senza un intervento risolutivo e immediato nel mondo dell’autotrasporto, letteralmente “travolto” da mesi da un carico di problemi irrisolti, si sarebbe avviata una fase di non facile gestione per tutti. Cosa che si è puntualmente verificata con l’annuncio di un fermo nazionale da parte di Unatras che ha spinto il ministro alle Infrastrutture e ai trasporti Paola De Micheli a convocare per il 14 novembre le federazioni dell’autotrasporto. La classica azione che, nel gergo calcistico, veniva definita “in zona Cesarini”, a partita ormai  quasi scaduta, quando ormai resta solo poco tempo per recuperare. Nello “scontro” con il mondo dell’autotrasporto (provocato proprio dalla mancanza di volontà di confermare un “ incontro” richiesto ripetutamente) il Governo riuscirà a raddrizzare il risultato? Difficile dirlo, anche perché la scelta di “rinviare” ulteriormente al 14 novembre l’appuntamento significa restringere ulteriormente i tempi, lasciando a disposizione solo una piccola finestra temporale (esiste un codice di autoregolamentazione per le iniziative sindacali per il settore dell’autotrasporto e l’organizzazione del fermo ha un calendario ben preciso da rispettare) durante la quale fissare una fase intensa di confronti. Praticamente un “concentrato d’appuntamenti” nei quali dare obbligatoriamente risposte alle molte domande del settore, che non riguardano solo la questione dell’accisa sul gasolio e dei tagli ai rimborsi per il settore, ma la mancanza di dialogo con le strutture del ministero a livello politico che ha avuto come conseguenza una “cancellazione” di accordi già trovati e sottoscritti. Le associazioni di categoria sono pronte a mettercela tutta per trovare una via d’uscita, ma le questioni da risolvere sono complesse e numerose e con simili presupposti l’impresa si annuncia complicata. Molti i temi sui quali occorrono delle risposte concrete (dalle norme che istituiscono il fondo per il rinnovo del parco veicolare, alla mancata definizione delle norme fondamentali sul rispetto dei tempi di pagamento e sulla pubblicazione dei costi di esercizio per la regolarità del mercato), ben noti a chi ha la responsabilità politica di occuparsi di trasporto. Non v’è dubbio comunque che la “questione accisa” rappresenti l’elemento che può rendere irreversibile la decisione di dare effettuazione alla possibile iniziativa di protesta deliberata durante i lavori del Comitato esecutivo di Unatras la cui presidenza è nelle condizioni di definire le modalità, da comunicare alle autorità previste e di avviare la fase organizzativa programmando gli incontri con la categoria (alcuni per quanto riguarda la Conftrasporto sono già stati fissati e riguardano la Lombardia, il Piemonte e il Veneto, mentre altri sono in via di definizione). Una questione, quella della compensazione delle accise sul gasolio, che esige chiarezza: qualche forza politica di governo aveva fatto sapere che il “taglio” sarebbe entrato in vigore solo nel 2021. Abbiamo potuto finalmente invece leggere la legge di bilancio e constatare che la norma prevede che dal gennaio 2020 scatterà l’annunciata esclusione totale della compensazione per gli autoveicoli Euro 3. Nel 2021 entrerà in vigore anche per gli Euro 4. Come si legge nella relazione, bollinata dalla Ragioneria dello Stato, per il 2020 la decurtazione sarà pari a 438 milioni di euro che aumenteranno di altri 110 milioni per il 2021. In totale per i due anni la cifra che viene decurtata all’autotrasporto è più di un miliardo di euro. Numeri di fronte ai quali appare chiaro che non è possibile tacere, soprattutto se prendiamo in considerazione le motivazioni della scelta che è la lotta alle fonti di inquinamento. La campagna per i cambiamenti climatici, che tutti vogliamo sostenere, non può avvenire a carico di una sola categoria che, lo grideremo sempre più forte, è quella che concorre alle emissioni degli inquinanti solo per 4,6 per cento e che nel raffronto con gli anni passati dimostra di aver ridotto le emissioni del 29,7per cento. Nessuno vuole certo vantarsene, ma solo offrire un elemento di confronto con categorie che invece partecipano per la somma di circa 11 miliardi di euro alla diffusione delle sostanze inquinanti e contribuiscono meno di un miliardo all’anno invece attraverso l’internalizzazione dei costi esterni provocati dall’inquinamento. A questo vanno poi aggiunti i costi derivanti dalle altre questioni aperte da troppi anni e fino a oggi non risolte, nonostante gli impegni assunti. Come se qualcuno pensasse che la parola data dal Governo a migliaia di lavoratori non valga nulla, che certe promesse abbiano il valore di uno “scherzo”. Ps: nessuno provi neppure per scherzo a bollare questa iniziativa come “politica”: è invece un’iniziativa per l’ambiente, le nostre imprese e per le stesse casse dello Stato. Da una scelta così errata lo Stato perderà infatti tutta la parte fiscale applicata al gasolio, più Iva, in quanto i rifornimenti verranno effettuati all’estero. Complimenti: un vero e proprio autogoal.

Paolo Uggè, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio