Philip Roth, uno dei più grandi scrittori statunitensi, sosteneva che le ideologie riempiono la testa della gente e compromettono una lucida osservazione della vita. Una scarsa lucidità di analisi nella quale rischiano di incappare soprattutto esponenti politici più “nuovi”, giovani e inesperti. Come la giovane deputata europea del Movimento 5 stelle che nel corso di un intervento nel Parlamento europeo sul tema dell’ambiente, accendendo l’attenzione sul “bollino rosso” per il clima e indicando nel settore dei trasporti il pericolo pubblico numero uno, quello “che più di tutti ha aumentato le sue emissioni negli anni”, ha ribadito l’importanza di spingere sull’acceleratore per stimolare l’elettrificazione dei mezzi pesanti nuovi”, che “servirà anche a proteggere la salute degli europei e a rafforzare la sicurezza energetica dell’intero continente”. Un intervento in cui non mancano imprecisioni e che consiglierebbe, in vista di altre eventuali “uscite” sul tema, la lettura di alcuni studi in materia che sono stati presentati e che a breve verranno approfonditi in un convegno che Unrae ha organizzato per il 29 novembre; ma soprattutto un intervento che fa sorgere spontanee un paio di domande: il tema ambientale è, come Conftrasporto aveva ampiamente previsto, solo il grimaldello con il quale provare a colpire il trasporto su strada senza peraltro avere le alternative pronte a sostituirlo? E l’energia elettrica che dovrebbe muovere nel futuro prossimo i mezzi pesanti a zero emissioni, come si realizza? Non certo con le pale eoliche ma attraverso centrali alimentate a gasolio se non addirittura a carbone. Senza dimenticare un altro problema: quello dello smaltimento delle batterie per il quale ancora non si è trovata alcuna soluzione. Per Conftrasporto la linea descritta dalla parlamentare non è certo stata una sorpresa: a più riprese l’associazione aveva evidenziato i contenuti programmatici di tutte le forze politiche per consentire agli imprenditori del settore di compiere attente valutazioni. Dalla competizione elettorale sono usciti risultati che in modo evidente hanno assegnato una maggioranza a quelle forze politiche che avevano fatto una scelta ideologica non propriamente favorevole per il mondo dei trasporti, non solo sostenendo l’utilità della decrescita felice ma anche ipotizzando l’elemento ambiente come elemento portante della politica futura. Stupirsi ora perché si registrano iniziative contrarie alla realizzazione delle infrastrutture (Tap, Tav, Terzo valico, tunnel del Brennero, etc) è del tutto fuori luogo. Chi ottiene il consenso ha il dovere-diritto di governare, anche se il pericolo è che a farne le spese sia l’intero Paese. Un pericolo, concretissimo, perché non bisogna essere illustri economisti per capire che le conseguenze della politica del “non fare” saranno dannosissime: basta guardare a esperienze recenti per avere la dimostrazione di come attraverso l’ideologia ambientalista esasperata si penalizzi tutto il sistema produttivo. Tutti siamo favorevoli al rispetto dell’ambiente: vorremmo solo evitare guerre ideologiche sottacendo alcuni elementi già accennati: come, per esempio, attraverso quali “sporche” modalità viene ancora prodotta l’energia “pulita”; o come smaltire i veleni delle batterie. Ma anche sottacendo che proprio il trasporto pesante ha saputo ridurre di parecchio il “proprio” inquinamento. E questo è un dato di fatto. Perché, sostituendo idee condivisibili all’ideologia, non imbocchiamo invece tutti insieme la strada per facilitare la sostituzione del parco circolante attraverso una coerente politica che leghi la messa a disposizione delle risorse per il trasporto su gomma alla classe di motorizzazione del veicolo? Andranno individuati i modi, ma se l’ambiente è un elemento “a prova di futuro” sul quale si intende agire non si può, a livello nazionale, effettuare scelte solo pensando al consenso elettorale.
Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio