Il carburante proveniva dalla Libia, arrivava in Italia mediante navi cisterna di un armatore maltese e successivamente veniva distribuiti da una società attiva nel commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi a depositi commerciali e distributori di benzina conosciuti come “pompe bianche”. Sarebbe questo il percorso compiuto da oltre 350 milioni di litri di carburante che in appena due anni, fra il 2016 e il 2017, sarebbero “entrati” in Italia, attraverso 30 viaggi via mare, per essere rivenduti sottocosto evadendo l’Iva per un importo di oltre 55 milioni di euro, “frutto” di fatture false emesse per un valore di 308 milioni di euro. Un presunto traffico di carburanti smascherato dagli agenti del nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Varese che dopo mesi d’indagini , condotte con intercettazioni telefoniche, perquisizioni, sequestri, analisi di supporti informatici, accertamenti bancari e riscontri contabili, hanno effettuato un arresto e sequestrato beni, per un valore pari alla presunta Iva evasa: 55 milioni di euro. Gli uomini delle Fiamme Gialle in particolare hanno messo i sigilli a circa 29 milioni di litri di benzina e gasolio del valore commerciale stimato pari a oltre 44 milioni di euro; a 11 immobili tra Genova, Trieste ed Abbiategrasso; a un’auto e un’imbarcazione da diporto da 14 metri sequestrata a Civitavecchia, e infine a denaro depositato su conti correnti per oltre 1,3 milioni di euro. Al centro del presunto meccanismo costruito per compiere la maxifrode fiscale gli inquirenti hanno indicato una società con sede legale a Milano e operativa a Genova, che sarebbe stata la principale beneficiaria dei vantaggi fiscali ottenuti illegalmente.