Passeggere violentate dai conducenti: neppure questo basta a regolamentare il servizio?

Sono anni che Conftrasporto chiede ai rappresentanti dei vari Governi di affrontare la riforma del trasporto pubblico offerto da taxi e da noleggiatori con conducente. Ma nulla si è mosso lasciando spazio a ogni possibile conseguenza. Comprese le comiche finali alle quali siamo giunti oggi, visto che il tribunale di Roma, dopo aver stabilito il blocco totale dei servizi resi dalla piattaforma Uber (società pronta a “vendere” servizi di trasporto persone con una semplice App), con una nuova sentenza ha autorizzato invece la piattaforma a operare. Una situazione che pone diversi interrogativi, alcuni dei quali allarmanti. Sull’attività di Uber si sono dette molte cose e non solo in Italia. 

Secondo il quotidiano inglese The Guardian a oggi si sono registrate cinque denunce per stupro e 170 per tentata violenza sessuale. Questo assume un significato ben preciso circa il sistema che, anche se certo non direttamente responsabile, potrebbe mettere in contatto moltissime donne con potenziali violentatori (ma anche con autisti sotto l’effetto di droga o alcol) confermando la validità delle considerazioni che Conftrasporto aveva sempre posto. Considerazioni riassumibili in una semplice domanda: quale sicurezza e professionalità può garantire un soggetto privato che dall’oggi al domani, senza alcuna formazione specifica, senza alcun controllo, si metta al volante offrendo passaggi? Non è certo un caso che per gli operatori professionisti del settore sia stato scelto di affidarne il riconoscimento a un ente pubblico con compito di accertarne l’onorabilità, la professionalità e la capacità finanziaria. Non è stato un caso perché i soggetti che esercitano questa attività di natura professionale sono responsabili della sicurezza dei cittadini. E non sono certo le segnalazioni dei singoli “navigatori” (sappiamo a volte come funzionano i voti in Internet ai servizi….) che possono fornire garanzie. E di fronte a tutto questo cosa accade? Che la politica non fa nulla e che i giudici fanno, ma con risultati anche peggiori. Forse i magistrati del Tribunale di Roma che hanno assunto posizioni così diverse probabilmente non hanno potuto approfondire quanto l’avvocato generale della Corte di giustizia europea ha sostenuto proprio relativamente alla natura del rapporto Uber – conducenti. Il legale ha infatti sostenuto che l’attività di Uber rientra nel settore dei trasporti e questo significa che ogni Stato può introdurre l’obbligo di prevedere licenze e autorizzazioni. Uber, si legge nelle conclusioni, non beneficia della libera prestazione dei servizi garantito ai servizi della società dell’informazione in quanto il servizio Uber non può rientrare nella nozione di servizio dell’informazione in quanto non ne soddisfa alcune condizioni. Concordiamo con il Tribunale di Roma che rileva l’urgenza di un intervento urgente del legislatore. Un’urgenza che Conftrasporto denuncia da anni: esattamente dal 2009, ovvero da quando ha iniziato a chiederlo, in ogni occasione nella quale il Governo di turno in modo poco serio decideva di prorogare i termini in vigore, anziché legiferare. Chi governa deve saper coniugare i valori del mercato con il diritti fondamentali che una società civile deve garantire: sicurezza, libertà di intraprendere un’attività ma nel rispetto delle regole. A oggi questo non è avvenuto e si è solo proceduti a slogan e rinvii. Se un Esecutivo non è in grado di garantire principi obbligatori per ogni società civile è meglio che cambi mestiere.

Paolo Uggè, presidente Fai Conftrasporto e vicepresidente Confcommercio