“Quei Tir rischiano di far crollare i ponti, ma nessuno lo dice”. Risuona come la cronaca di una tragedia annunciata, di un atto d’accusa che può esigere solo una condanna per chi non ha saputo o voluto ascoltarlo, l’appello lanciato dal presidente di Fai Conftrasporto Paolo Uggè. Già, perché quell’appello, diventato il titolo di un articolo apparso sul superblog del tgcom24 ” stradafacendo”, non è stato pubblicato all’indomani della tragedia di Annone Brianza, dove un tir che trasportava 70 tonnellate di bobine d’acciaio ha “sfondato” un vecchio e malconcio cavalcavia uccidendo un automobilista, Claudio Bertini 68 anni di Civate, e ferendo cinque persone: quell’appello è stato lanciato cinque anni fa per denunciare pericoli che nessuno aveva saputo o voluto valutare come avrebbero meritato, per denunciare come un ricorso presentato ai giudici del Tar, il tribunale regionale amministrativo, del Lazio pendesse inascoltato da cinque anni. Che sommati ad altri cinque anni trascorsi fino alla tragedia di Annone Brianza, fanno 10 anni. “Dieci anni senza una risposta, dieci anni durante i quali chissà quanti altri trasporti eccezionali hanno rischiato di far crollare infrastrutture malconce, proprio perché “usurate” dal peso quasi insostenibile di certi carichi” tuona oggi Paolo Uggè ripercorrendo con la memoria quanto denunciato senza essere mai ascoltato. “Occorrerà attendere ancora mesi, anni, bisognerà che qualcun altro resti stritolato sotto un ponte fatto crollare da un mega tir perchè qualche magistrato, qualche politico decida finalmente di muoversi?”, aggiunge il presidente nazionale di Fai Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio. Che invita tutti ad andare a rileggere quanto pubblicato sulla piattaforma Mediaset cinque anni fa. quell’articolo che, riletto oggi, cinque anni dopo, con ancora davanti agli occhi le immagini della tragedia di Annone, gridano vendetta. Al cospetto di dio e degli uomini. Ma soprattutto chiedono giustizia, per chi ha perso la vita, per chi è rimasto ferito, per i loro familiari. Giustizia nei confronti di chi non ha mosso un dito. Cosa aveva scritto cinque anni fa Paolo Uggè lo può scoprire chiunque su navigando su tradafacendo.tgcom24.it perché, fortunatamente, le parole scritte restano. “Da qualche anno, per diminuire l’incidenza del costo del trasporto, si consente che automezzi che portano 108 tonnellate circolino sulle strade nonostante le norme del Codice della strada dispongano in modo diverso. L’assurdo è che dal 2005 pende un ricorso presso un Tar che fino a oggi non si è pronunciato sulla legittimità di tale interpretazione. Eppure esistono relazioni tecniche attestanti i danni che tali mezzi potrebbero causare. Nessuno però interviene. Che ci sia qualche interesse particolare da difendere? Se un trasporto così realizzato è regolare si contestino i tecnici che sostengono il pericolo per i manufatti; in caso opposto se la sicurezza è un valore da tutelare perché non impedirlo? Si attende che qualche manufatto (per esempio un ponte un po’ malconcio…) non regga il peso? Domande inquietanti, rimaste, per ora, senza risposta. Di certo i cittadini si sentirebbero più sicuri se si privilegiassero questi accertamenti ad altri. Così come si sarebbero felici di veder porre fine a iniziative improvvisate e utili solo a qualcuno, ma le cui conseguenze finiscono per ricadere su tutti. Chi possiede l’autorità e il potere li utilizzi”. Parole che, rilette oggi, pesano come macigni. Ancora più pesanti di quel Tir che ha ucciso un innocente colpevole solo di trovarsi a passare in quel preciso instante sotto un ponte. Un innocente morto anche per colpa di colpevoli che non hanno saputo o voluto fare nulla?