Ho letto con grande attenzione gli articoli pubblicati a commento del crollo di un cavalcavia in provincia di Lecco. Il giornale La Provincia di Como addirittura ha chiesto con forza: “ora diteci chi è il colpevole”. Occorre subito affermare che le responsabilità salgono molto in alto e coinvolgono interessi di imprenditori e la superficialità di alcuni uomini politici. Certamente si cercherà di scaricare le responsabilità su funzionari locali ma il vero problema e la vera domanda che i media dovrebbero porsi è sul numero dei manufatti che potrebbero trovarsi nelle medesime condizioni, visto l’elevato numero di automezzi con portata fino a 108 tonnnellate in circolazione. Innanzitutto i trasportatori per effettuare tali viaggi debbono richiedere una autorizzazione ai competenti uffici che la rilasciano indicando i percorsi autorizzati. Quindi nella fattispecie non esiste responsabilità del conducente dell’automezzo pesante. Le procedure per la chiusura di tratti stradali è chiaramente indicata dalle norme vigenti; e a quanto a ora noto le procedure sembrano essere state rispettate (la magistratura appurerà i fatti). Forse l’unico intervento possibile era di vietare la circolazione sul viadotto da parte del cantoniere per gli automezzi pesanti, fino a quando non fossero state accertate le condizioni di stabilità. Anche in questo caso occorre in modo approfondito verificarne la reale possibilità di limitare la circolazione in relazione alle norme vigenti. Allora le responsabilità sono di nessuno? La risposta è no! La domanda da porsi è come sia possibile che sulle nostre strade possano circolare un così elevato numero di automezzi eccezionali aventi portata fino a 108 tonnellate. Forse e’ per consentire il trasporto di più merce (coils in particolare) e quindi anziché pagare tre viaggi pagarne uno solo, che la committenza impone l’uso di automezzi eccezionali con portata fino a 108 tonnellate? Ma non dovrebbe essere la sicurezza a prevalere? Qualcuno si è domandato quale impatto avrebbe potuto avere sui manufatti la cui ricostruzione risale a diversi anni fa? Ed ancora ci si è chiesto quale deterioramento si sarebbe potuto determinare sul manto stradale il passaggio di tanti automezzi a 108 tonnellate? Ovviamente i costi della manutenzione sono a carico degli enti proprietari delle strade e conseguentemente scaricati sui cittadini. Ma anche in termini di sicurezza stradale gli avvallamenti che si determinano sul manto stradale non sono certo favorevoli alla circolazione per gli utenti della strada e quindi impattano anch’essi sulla sicurezza. Eppure il 6 settembre 2005 con circolare numero 189 gli uffici competenti del ministero delle Infrastrutture si occuparono della questione (in quel periodo chi scrive ricopriva l’incarico di sottosegretario al ministero) ed emanarono una circolare che dettava disposizioni strettamente in linea con le norme del Codice della strada in materia di trasporti eccezionali. Al tempo se ne occupò anche la Commissione trasporti della Camera, ma senza alcun risultato (ecco perché venne emanata una circolare esplicativa). Del caso fu investito il Tar del Lazio che riscontrò gli elementi per concedere una sospensiva ad un atto con il quale si negava, proprio in attuazione della circolare 189, l’ autorizzazione a effettuare un trasporto eccezionale senza che ve ne fossero le condizioni previste dal codice della strada e ribadite con la circolare. Il Tar del Lazio tuttavia, nonostante i solleciti (articoli ripresi dal blog del Tgcom stradafacendo e articoli su riviste specializzate nel settore dei trasporti) non entrò mai nel merito. Questo produsse l’esplosione delle richieste dell’utilizzo di automezzi eccezionali. Il risultato concreto fu la significativa riduzione del costo del trasporto e le conseguenze invece si sono scaricate sulle strade, sui cittadini e sui manufatti. In tempi successivi, per evitare che qualcuno intervenisse nuovamente su una questione mai definita, una nuova disposizione regolamentare venne emanata che rendeva regolare ( meglio sarebbe dire “normale”) il trasporto eccezionale. La ratio di chi aveva redatto inizialmente la norma del codice della strada sta però tutta nella definizione “eccezionale”, lo dovrebbe comprendere anche uno scolaro delle elementari che il termine “eccezionale” non significa “di consueto”. L’auspicio è, perché altri casi simili non abbiano a ripetersi , che siano effettuati i dovuti controlli. Dalla triste vicenda che poteva trasformarsi in una tragedia di dimensioni ancora più gravi, un fatto comunque è inequivocabile: per questioni economiche (qualcuno ci ha guadagnato) si è messo a repentaglio la sicurezza della circolazione stradale che dovrebbe essere un valore indisponibile.
Paolo Uggè, già sottosegretario di Stato al ministero delle Infrastrutture e Trasporti