Il 2015 se ne va e con esso alcuni progetti che l’Italia attendeva. Come l’introduzione del reato di omicidio stradale e la riforma dei porti. Per quanto riguarda il primo, i soliti facili annunci l’avevano dato per approvato fin da agosto. Cosa l’ha fermato? Non esiste una contrarietà concettuale ma esistono forti perplessità sul sistema sanzionatorio che i senatori hanno invece introdotto, oltre a dubbi sulla costituzionalità e soprattutto l’assenza di un obiettivo rieducativo. Il percorso è a ostacoli e per superarli è sperabile che il Governo non ricorra ancora a una votazione di fiducia alla Camera, considerando il fatto che già averla posta al Senato non è stato edificante e soprattutto che per un reato la cui punibilità è condivisa non avrebbe senso. Individuare delle soluzioni adeguate non è difficile: basterà evitare la demagogia. Anche per la riforma del sistema portuale bisognerà attendere: una sentenza emessa dai giudici della Corte costituzionale impone un ripensamento dell’intero impianto della legge. Le norme attuali, introdotte dall’ex ministro per la Funzione pubblica Franco Bassanini del Pd, prevedono il coordinamento tra Stato e Regioni su interventi di competenza legislativa concorrente. Non avendole il Governo rispettate, il ricorso presentato dalla Regione Campania è stato accolto. Questo obbligherà quantomeno a far approdare il processo decisionale nella Conferenza Stato-Regioni. L’augurio è che l’ottimismo della ragione del ministro ai Trasporti Graziano Del Rio trovi ascolto, ma anche in questo caso i problemi non mancano: se è vero che il sistema di governo dei porti è presente nella legge sulla semplificazione approvata, non si può negare che le nuove Autorità portuali discendono dal Piano della logistica portuale incorso nella dichiarazione di incostituzionalità. Conftrasporto fin dal 2014 aveva evidenziato la necessità di intervenire sul titolo quinto per evitare il rischio di ricorsi alla Corte. Non è stata ascoltata. Speriamo almeno di evitare altri errori frutto di facili annunci di cui il Paese paga ogni volta il conto.
Paolo Uggé