Interrompere una qualsiasi esperienza professionale implica tracciare un bilancio di quanto si è fatto. Interrompere un’esperienza che non ha voluto dire semplicemente svolgere un’attività o guidare un’impresa, ma stare al volante (oltre che della propria impresa) anche di una federazione capace di associare migliaia d’imprese, assumendosi la responsabilità di indicare a migliaia di persone la miglior strada da seguire, vuol dire molto di più. Farlo dopo essere stati la guida, il punto di riferimento, per 30 anni significa moltissimo di più: vuol dire ripercorrere tutta una vita, professionale ma anche umana; vuol dire rivivere, come in centinaia, addirittura migliaia di flash back, un fiume di momenti, di incontri, di progetti e di battaglie. Significa rivivere soddisfazioni, delusioni, speranze. Significa raccontare un “mondo” fondamentale per l’economia e per la crescita dell’intero Paese come lo è quello dell’autotrasporto, analizzarne i cambiamenti, le manovra meglio riuscite e quelle meno, le accelerate e le frenate… Un anno esatto dopo aver lasciato la guida di Fai Conftrasporto Brescia, Antonio Petrogalli presidente – padre dell’associazione che ha preso in mano quando aveva 38 associati e che ha consegnato nelle mani del suo successore, Sergio Piardi, con 2380 iscritti, ha deciso di ripercorrere questi straordinari 30 anni. Lo ha fatto all’indomani dell’assemblea annuale che si è tenuta il 28 settembre scorso nella sala conferenze di Ubi Banca a Brescia, accettando l’invito di stradafacendo.tgcom24 e di Trasporto Commerciale a compiere questo viaggio. Attraverso i momenti più significativi della sua esperienza e della sua vita, ma anche, contemporaneamente, attraverso la vita di migliaia di altri autotrasportatori e attraverso la storia stessa dell’autotrasporto merci italiano. Cosa ha visto in questo viaggio nel passato (ricostruito con l’assistenza dell’insostituibile “compagna di viaggio” in Fai, Giuseppina Mussetola, e di altri preziossissimi collaboratori) Antonio Petrogalli? Moltissime cose. Ha rivisto, nitidissima, una delle più grandi soddisfazioni: quella di aver contribuito a rendere la categoria degli autotrasportatori più consapevole, preparata, sicura, professionale. Ha rivisto la stessa immagine annebbiata da rammarico di dover constatare come a questa crescita non sia corrisposto il giusto apprezzamento da parte di una committenza troppo spesso interessata solo a far diminuire i costi e non a far aumentare la qualità delle persone e dei servizi, destinata a tradursi in maggior sicurezza su strade e autostrade per milioni di italiani. Ha rivisto immagini di un passato lontano e di quello più vicino, per rivolgere poi lo sguardo al presente e al futuro, con l’invito rivolto a chi guida il Paese di comprendere l’importanza di disporre di nuove strade e autostrade scorrevoli, ma anche porti, aeroporti, ferrovie, centri intermodali, piattaforme logistiche collegate e omogenee tra loro, dalle grandi città fino all’ultimo miglio. Perchè solo un trasporto efficiente in tutte le sue modalità può fare da volano per l’intera economia… Lei è diventato presidente della Fai di Brescia nel 1984, per lasciare l’incarico nel 2014 dopo 30 anni di guida, anche se resta nella federazione come past president. Praticamente una vita per l’autotrasporto e con l’autotrasporto. Se tornasse indietro lo rifarebbe? “Io sono diventato presidente dellaFai di Brescia nel 1984 ma ho sempre vissuto e respirato l’autotrasporto. Mia madre, Agostina Cristini, era una trasportatrice e io ho iniziato a guidare un camion a 18 anni. Per me l’autotrasporto è la vita davvero, in tutti i sensi. Certo che lo rifarei, con la stessa passione e lo stesso cuore, non ho mai avuto rimpianti. Se potessi tornare giovane ripercorrerei ogni singolo passo, malgrado le numerose difficoltà e arrabbiature anche forti che pure ci sono state. È stata un’esperienza bellissima nella quale ho sempre cercato di dare il mio contributo per migliorare il mondo dell’autotrasporto”. Quando lei ha assunto la presidenza, laFai di Brescia aveva 38 soci. Nel 2014, quando ha ceduto il timone a Sergio Piardi, gli ha lasciato in eredità un’associazione con 2380 iscritti, praticamente il 90 per cento dei trasportatori bresciani. Brescia è la realtà “targata Fai” più importante d’Italia, capace di associare il doppio, il triplo, il quadruplo di altre realtà territoriali “Quando nell’80 il commendator Burlotti, allora presidente, mi chiamò per entrare nellaFai di Brescia, io avevo già vissuto altre esperienze associative delle quali non ero soddisfatto perché mi rendevo conto che erano altre le cose che servivano alla categoria. Anche per questo accettai l’invito. Nel giro di poco tempo Burlotti mi chiese di sostituirlo alla presidenza, e sostenuto dalla mia famiglia ho accolto anche questo invito. Allora la Federazione a Brescia era praticamente inesistente, ora posso dire che è quasi l’unica, se guardiamo ai numeri dei nostri associati! “Un risultato che non è solo merito mio ma di una squadra, un gruppo di persone che ha dato anima e corpo alla nostra missione. Prima tra tutte la signora Giuseppina Mussetola, che da quando è entrata in Federazione ha fatto miracoli. Grazie al lavoro, all’impegno, alla dedizione di tutti noi, mai limitata ai cinque giorni la settimana, gli autotrasportatori hanno capito che la Fai di Brescia voleva cambiare il modo di rappresentarli. Il mio consiglio e io abbiamo sempre lavorato per dimostrare nei fatti ai nostri associati che per noi la prima cosa che conta sono i loro interessi, i loro bisogni! Mai abbiamo cercato benefici personali, ma ci siamo sempre battuti per le richieste della categoria, questo ha fatto la differenza! Devo però anche ringraziare mio figlio Riccardo che, decidendo di entrare nell’azienda di famiglia e di darmi una mano, mi ha permesso di dedicare ancora più tempo alla Federazione. I primi anni, voglio dirlo, non sono stati facili, ci sono stati tanti scontri, con certe associazioni e certi autotrasportatori: solo dopo qualche tempo hanno capito che non basta criticare e lamentarsi ma bisogna essere propositivi, individuare gli obiettivi e battersi per quelli”. La fiducia degli associati si ottiene con la bontà dei servizi che si è in grado di offrire loro. Quali sono stati i servizi che negli anni siete riusciti a offrire e di cui va più fiero? “Guardi, gli autotrasportatori hanno sempre voluto una federazione capace di difenderli politicamente e che fornisse loro i servizi dei quali necessitavano. Il compito di far crescere la federazione bresciana è stato affidato e svolto egregiamente dalla signora Mussetola che con impegno e capacità è riuscita a formare un personale qualificato in grado di soddisfare tutte le esigenze dei trasportatori. Il servizio che ritengo sia stato importante fin dal principio è quello delle pratiche automobilistiche. Prima ho contattato le principali agenzie che operavano nel campo bresciano ma non ho trovato alcun interesse a stipulare una convenzione con la Fai per ridurre i costi. Allora abbiamo deciso di fornire direttamente noi il servizio come Federazione, e abbiamo dimostrato che anche la Fai poteva benissimo svolgere questi adempimenti, tra l’altro garantendo ai nostri associati grande risparmio di tempo e di denaro: infatti abbiamo fatto calmierare i costi! E’ poi stato molto importante il servizio di consulenza, della quale gli autotrasportatori hanno sempre bisogno. Ed è stato così che lo staff della Fai di Brescia guidato dalla signora Mussetola è stato capace di approfondire tutti i temi che interessano la nostra attività professionale (quali il contratto di lavoro, la parte contabile e fiscale, l’ecologia, la formazione) e di dare risposte che non si limitano alla semplice lettura delle circolari. Per questo oggi sono più di 30 le persone che seguono i nostri autotrasportatori. C’è poi un’altra cosa che io ho sempre desiderato ed è quella che la Federazione deve essere per i trasportatori una seconda casa: quando vengono qui devono sentirsi non clienti ma amici. E abbiamo seguito questo spirito anche quando ci siamo impegnati per il progetto dell’Autoparco Brescia Est. Siamo partiti dal bisogno dei nostri trasportatori bresciani: volevano un posto sicuro dove lasciare i loro camion. Allora noi abbiamo cercato per loro un posto dove non solo poter parcheggiare i loro mezzi, liberando così le aree di sosta delle autostrade e le strade dei paesi, ma dove poter trovare i servizi sui quali un conducente dovrebbe sempre poter contare: un luogo dove riposare, lavarsi, mangiare un pasto caldo, trovare anche i servizi tecnici eventualmente necessari per il camion. È nato così, grazie al progetto della Brescia-Padova, l’Autoparco Brescia Est, struttura cui guarda non solo tutta Italia ma anche l’Europa. Magari noi speravamo che potessero nascerne altri nel nostro Paese, l’unico sorto invece è ancora nella nostra provincia, a Brescia Centro!”. Trent’anni di presidenza della FAI di Brescia significano centinaia di impegni, incontri, rapporti, con i trasportatori certo, ma anche con rappresentanti politici, sindacali, del mondo economico. Se dovesse indicare alcune figure di “non addetti ai lavori” che hanno ricoperto un ruolo importante per la vostra categoria chi individuerebbe e perché …”È vero, la Fai ha sempre tenuto molto al dialogo e al confronto con tutti, al nostro interno e anche all’esterno. Dialogare per conoscere, capire e trovare soluzioni, magari a volte ci sono state difficoltà ma abbiamo sempre cercato di essere costruttivi. Se devo trovare nomi e cognomi allora ne cito alcuni come l’assessore Mauro Parolini, prima in Provincia ora in Regione, sempre attento e sensibile alle nostre esigenze in tema di infrastrutture; l’attuale assessore regionale Claudia Terzi, che ha posticipato quanto più possibile la data del divieto degli Euro 3; e poi Margherita Peroni, prima in consiglio regionale e ora in quello di Brescia, nonché Fabio Rolfi, prima vicesindaco di Brescia e ora consigliere in Regione. E molti altri…”. Com’era il mondo dell’autotrasporto 30 anni fa e come è oggi: quali sono stati principali cambiamenti avvenuti? “Domanda non facile questa, perché se si esclude l’evoluzione tecnologica dei mezzi e la qualificazione del personale, io non trovo poi tanti cambiamenti! So di certo che in passato l’autotrasportatore era più rispettato e considerato. Oggi siamo poco rispettati e molto sfruttati. Una volta eravamo parte dell’economia e ci battevamo per migliorare, ora siamo ancora parte dell’economia ma siamo diventati passivi, accettiamo tutto, e così non va bene”. Se dovesse indicare il cambiamento più positivo e quello più negativo quali indicherebbe? “Io credo che la vita del camionista sia migliorata molto grazie ai mezzi che oggi guidiamo, vere navicelle spaziali in alcuni modelli. Siamo più consapevoli, più preparati, sicuri, professionali anche perché adesso possiamo studiare e conoscere anche gli aspetti normativi del nostro lavoro. Purtroppo la nostra crescita personale e professionale anziché essere accompagnata da un maggiore apprezzamento del nostro lavoro oggi non viene per nulla valutata. Oggi il committente guarda solo i costi e non la qualità, delle persone e dei servizi. L’autotrasportatore è diventato un numero e sta trionfando la legge della giungla. Vince il più forte, e noi non siamo forti”. Dal passato, al presente, al futuro: quali sono le sfide più impegnative che attendono oggi la categoria degli autotrasportatori italiani? “La priorità a questo punto è che gli autotrasportatori devono riprendere coraggio! Devono smettere di limitarsi a sopravvivere, prendere in mano il loro futuro e battersi per i loro diritti! È il momento di ribellarsi alle imposizioni messe in atto da chi vuole guadagnare sulla nostra pelle! Imparare a dire no a viaggi sottopagati che mettono a rischio anche la sicurezza! E per raggiungere questo obiettivo la prima cosa da fare è ricompattare la categoria. Lo dico, anzi lo grido da anni: unità deve essere la parola d’ordine, unità insieme a dignità”. Il vostro è un lavoro per il quale contano gli uomini ma anche i mezzi e le infrastrutture. Quanto vale per la vostra categoria il potenziamento delle infrastrutture e quanto conta per il potenziamento dell’economia? “Siamo autotrasportatori quindi è naturale che le infrastrutture siano strategiche per il nostro lavoro, a maggior ragione in Italia dove il trasporto merci per il 90 per cento è su gomma. A noi servono strade e autostrade scorrevoli per consentirci di effettuare le consegne in sicurezza e in tempi rapidi. Ma anche porti, aeroporti, ferrovie, centri intermodali, piattaforme logistiche collegate e omogenee tra loro, dalle grandi città fino all’ultimo miglio: tutto questo serve per permettere un trasporto efficiente in tute le sue modalità, e un trasporto che funziona è naturalmente un volano per l’intera economia, presente e futura. Opporsi a queste infrastrutture significa opporsi alla rinascita del Paese ed al suo futuro! Noi non viaggiamo per diletto, lo facciamo per mantenere le nostre famiglie. Se non ci fossero l’autotrasporto e il trasporto in generale non esisterebbe neanche l’economia, i negozi sarebbero vuoti di qualsiasi merce e l’intera Nazione si fermerebbe! Chi si oppone rifletta!”. A proposito di infrastrutture, Brescia è il territorio che ha visto nascere la Brebemi, nuova autostrada che nei suoi primi mesi di vita ha manifestato poche luci e tante ombre… “Guardi, Brebemi è un’autostrada direttissima per la quale il mondo dell’economia non solo bresciano si è battuto per anni. Noi autotrasportatori abbiamo sostenuto il progetto e la sua realizzazione in ogni passo, con lealtà. Se ora non funziona non è colpa nostra ma delle volontà e degli interessi d’altro tipo che remano contro. Ma chi è contrario a Brebemi ha in realtà una visione chiusa e limitata, dovrebbe invece pensare che quando l’economia ripartirà, la A35 sarà un’arteria fondamentale e irrinunciabile perché velocizza gli spostamenti lungo l’asse est-ovest sollevando la A4 ormai oberata e spesso bloccata. Certo in questo momento è un problema di tariffe ma noi come Fai ci stiamo battendo per incrementare la scontistica e quindi poterla utilizzare”. Il suo presidente nazionale Paolo Uggè da sempre punta l’attenzione non sulla necessità di avere singoli “progetti” di nuove infrastrutture ma una “visione d’insieme”, che non guardi solo al singolo territorio ma sia inquadrata in una connessione globale. Guardando tutto questo da una delle province più produttive a livello artigianale e industriale d’Italia, che riflessioni le vengono in mente? “A Brescia come nel resto d’Italia purtroppo non si è mai lavorato nell’ottica di una “politica dei trasporti”. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: tanti progetti non sono stati realizzati o non funzionano! Nel Bresciano è stato costruito l’aeroporto di Montichiari, ma dopo anni sta ancora languendo. La politica non ha saputo dare un indirizzo univoco e lo scontro con gli interessi delle province vicine hanno portato a una paralisi. Ora è tutto in mano alle decisioni dell’Europa e stiamo solo perdendo altri anni mentre il nostro territorio e l’intero Nord Italia hanno bisogno di un aeroporto cargo a sostegno della ripresa dell’economia! Sempre per l’incapacità di fare sistema manca ancora l’autostrada della Valtrompia, progetto pensato decenni fa ma continuamente bloccato, tanto che ora una delle valli più produttive d’Italia, alla base della ricchezza bresciana, vede le proprie aziende migrare altrove. E poi c’è la mancata realizzazione del Polo logistico alle porte di Brescia con un’area di ben 600mila metri quadrati! Perché tutto questo? Perché li si è sempre visti come progetti individuali e non come parte integrante di una politica dei trasporti complessiva, che va oltre la dimensione locale, regionale, nazionale per arrivare a essere internazionale! Lo abbiamo detto e ripetuto anche alla nostra assemblea generale del 27 settembre scorso, dedicata appunto al tema della “politica dei trasporti”. E questa politica deve essere studiata da un ministero dei Trasporti autonomo e indipendente che poi comunichi quel che serve a un ministero delle Infrastrutture che esegue. Non il contrario. Solo così l’Italia potrà avere più peso anche in Europa e riprendersi la posizione e il ruolo che merita”. A livello nazionale la Fai è la più importante associazione di categoria: lei è stato anche consigliere nazionale, membro della presidenza, vicepresidente vicario della Federazione, oggi è presidente del Consiglio nazionale ed è presidente regionale oltre che past president a Brescia. Lei dunque gode di un punto d’osservazione privilegiato. Quali figure di livello nazionale ha visto fondamentali in questi 30 anni nella crescita della Fai? “I miei riferimenti sono i presidenti nazionali Fai che ho conosciuto. A iniziare da Emanuele Remondini, caratterizzato da una determinazione unica, tanto da arrivare a mettere a repentaglio la sua stessa azienda pur di risolvere i problemi della categoria. Poi Fabrizio Palenzona, persona che ha saputo far sentire il peso della categoria a tutti i livelli, anche quelli governativi. Dalla sua parte grandi capacità, cultura e conoscenze. Esempio da seguire per la visione internazionale dei problemi, sempre in grado di cogliere anche la più piccola sfumatura delle questioni e farla propria. Numerose le cariche che ha ricoperto in passato e che tutt’ora gli vengono affidate, dalla politica all’economia. È stato alla guida della Fai nazionale per diversi mandati e oggi continua a lavorare come presidente di Fai Service. E oggi Paolo Uggè, al fianco del quale lavoro da sempre. Di Uggè ammiro la grande capacità di ascoltare gli interlocutori a qualsiasi livello territoriale e di circondarsi di persone tecnicamente esperte dei problemi così da non farsi mai cogliere in contropiede, “l’uomo del trasporto”, lo ha definito Gianni Letta durante una nottata di trattative a Palazzo Chigi. In questo modo riesce sempre a capire quali sono i veri problemi degli autotrasportatori, a farli propri e a cercare la giusta soluzione. Ricordo che una volta, in preparazione di un fermo poi scongiurato, abbiamo attraversato insieme tutta l’Italia partecipando a tantissime assemblee proprio per ascoltare tutti e per capire se gli autotrasportatori erano pronti per una decisione come un fermo nazionale che a quei tempi pareva potesse durare anche settimane! Paolo Uggè ha poi un altro grande merito: si è battuto sempre per l’indipendenza della Federazione: a decidere dovevano essere i trasportatori e nessun altro! Lo stesso principio che io ho sempre cercato di attuare a Brescia. Noi non ci siamo mai venduti. A nessuno! Da segretario della Fai nazionale Uggè è poi diventato presidente nel 2008 e ho continuato ad avere la massima fiducia in lui perché ho visto che ha mantenuto la capacità di ascoltare il territorio e di farsi portavoce dei nostri problemi. Tra l’altro malgrado i numerosi suoi impegni ha anche sempre dimostrato grande disponibilità: in tutti questi anni non è mai mancato alle nostre assemblee come a quelle delle altre province. Solo quest’anno per un impegno contemporaneo non ha potuto partecipare, ma ci ha comunque mandato in un video una riflessione e un saluto. Paolo Uggè si è sempre impegnato poi per l’unità della categoria, così come ho sempre fatto io, convinto che le singole bandiere vadano superate se si vuole arrivare agli obiettivi importanti. Anche nel suo incarico come vicepresidente di Confcommercio poi continua a portare avanti le istanze dell’autotrasporto a tavoli sempre più alti, cercando di far aderire tutte le modalità trasportistiche, mare, ferrovia, aereo”. Il più grande successo ottenuto secondo lei dalla Federazione nazionale in questi 30 anni? “Il più grande successo a livello nazionale secondo me è stato riuscire a far sentire la nostra voce ai piani alti della politica, per molti anni i nostri protocolli sono stati firmati a Palazzo Chigi, anche se non sempre i risultati sono stati all’altezza delle nostre aspettative. Ma almeno ci siamo arrivati e continueremo a dire la nostra. Un altro successo è stato la costituzione di Unatras nel 1990: per la prima volta invece di partecipare al tavolo in 10 associazioni si sono presentati solo il presidente e il segretario generale di Unatras, spiazzando il ministro e i sottosegretari! A livello locale il più grande risultato è stato realizzare nel 1992 l’unica Unatras territoriale in Italia, ciò significa che a Brescia c’era finalmente l’unità della categoria! Un successo memorabile!” E la più grande delusione? “La più grande delusione è stata per contro quando nel luglio del 1997 la Fai nazionale, fondatrice dell’Unatras (l’unione nazionale delle associazioni di trasporto) è stata espulsa per interessi discordanti dalle case madri! Una delusione enorme perché a quel punto l’unità della categoria, grazie alla quale avevamo raggiunto risultati significativi in poco tempo, ha fatto un balzo indietro di 20 anni. L’Unatras è progressivamente scomparsa per rinascere a livello nazionale solo nel 2008”. Un consiglio che si sentirebbe di dare al suo successore Sergio Piardi? “A Sergio Piardi mi sento di dire di continuare sul sentiero tracciato: la Fai deve restare apolitica, apartitica e indipendente da qualsiasi ingerenza. Qui comandano gli autotrasportatori!. Lui poi sta già trasmettendo alla Fai il suo spirito di giovane imprenditore!”.
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