Dopo il pronunciamento della Corte di giustizia europea che si è espressa sulla compatibilità delle norme introdotte dal Parlamento italiano sui costi della sicurezza per il trasporto merci, i giudici del Tar del Lazio hanno ribadito il principio, peraltro già riconosciuto più volte da sentenze della giustizia europea, “che solo i pubblici organismi possono essere titolati a introdurre limitazioni in nome del bene collettivo”. E proprio a questo principio sembra essersi attenuto il Tar del Lazio che, respingendo la richiesta di annullare i costi della sicurezza definiti dal ministero, ha ritenuto “di escludere l’effetto caducante (ovvero privato di efficacia giuridica) sui provvedimenti adottati dal ministero dopo l’attribuzione a quest’ultimo delle competenze precedentemente spettanti all’Osservatorio”. Questo significa che fino al 1 gennaio 2015, data di entrata in vigore della legge di Stabilità con la quale il Governo ha modificato le norme preesistenti, i costi della sicurezza hanno conservato la loro validità. Ora non resta che attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale che peraltro, affrontando in passato la compatibilità con i principi costituzionali delle tariffe obbligatorie, normativa più cogente rispetto a quella dei costi della sicurezza, ne aveva già riconosciuto la legittimità. Cosa potranno fare nel frattempo coloro che avevano presentato ricorso al Tar? Cercheranno di mettere in discussione il principio che riguarda la sicurezza dei cittadini? Domanda da cui ne derivano immediatamente altre due: può davvero essere compatibile una normativa che introduca limiti alla concorrenza in nome della sicurezza? E può lo Stato per questo prevedere limiti per garantire il rispetto delle norme sulla sicurezza sociale e della circolazione nei rapporti contrattuali? Già in passato i giudici amministrativi hanno annullato deroghe alla circolazione dei mezzi pesanti in forza del principio che la sicurezza è valore indisponibile che supera gli interessi economici…
Paolo Uggé