L’hanno già ribattezzata “la barca fantasma”. Perché pur navigando a motore emette un rumore appena più avvertibile di quello di una barca a vela, un leggero ronzio provocato dal propulsore elettrico installato a bordo e capace di spingerla a una velocità di 5 nodi con un’autonomia di 2 ore (nel prototipo, ma moltiplicabile almeno del doppio aumentando, con l’eventuale messa in produzione, la potenza delle batterie al litio). Ma anche perché è capace di lasciare una traccia del suo passaggio minore rispetto a uno scafo della stessa lunghezza e dello stesso peso, grazie a un segreto nella carena che consente di schiacciare l’onda.
Ragion per cui potrebbe candidarsi come possibile soluzione ai problemi di Venezia, dove il moto ondoso causato dal continuo passaggio di barche a motore sta innescando un dissesto sulle fondazioni degli edifici, danneggiando contemporaneamente anche la delicata morfologia della laguna, e dove l’inquinamento acustico ha reso praticamente inabitabili alcune case prospicienti i canali di attraversamento del centro storico, mentre quello atmosferico è sempre più aggravato dal fatto che i motori delle barche sono per lo più a due tempi e quindi particolarmente inquinanti. Ma la barca fantasma, uno scafo di 9 metri di lunghezza ideato per il trasporto sia privato sia pubblico, ideale per specchi d’acqua salata e dolce da tutelare ma anche per diventare un tender con cui raggiungere, in crociera, spiagge inaccessibili ai motori tradizionali, potrà entrare davvero in produzione? Una risposta potrebbe già arrivare entro la fine dell’anno quando sarà effettuato il test definitivo dopo quello avvenuto, in gran segreto, sulle acque del lago d’Iseo, fra le province di Bergamo e Brescia. Un esperimento “fantasma” esattamente come la barca progettata da un moderno Archimede rimasto, per ora, anch’egli sconosciuto. Per proseguire la lettura cliccate qui.