Le riforme si devono fare, ma a patto che non siano troppo scomode. Potrebbe essere questo il triste leit motiv del Governo che, mentre dichiara di voler traghettare il Paese verso la salvezza e il futuro, perde giorno per giorno la sua rotta frantumandosi sui richiami degli interessi di parte. È quanto sta accadendo, per l’ennesima volta negli ultimi vent’anni, anche per la riforma di una delle più evidenti assurdità burocratiche: il sistema di gestione dei dati dei veicoli, unico al mondo a basarsi su due archivi: quello statale, che fa capo alla Motorizzazione, e il Pra, pubblico registro automobilistico gestito dall’Aci, con un doppione di procedure e carte, tempo e lavoro quantificabili in circa 400 milioni di euro l’anno pagati da cittadini, imprese e dallo Stato stesso. Senza contare un miliardo e 600 milioni di euro di imposte che gravano annualmente sulle tasche degli automobilisti. A modernizzare questo gigante bifronte, unificando i due archivi, ci hanno provato in molti sin dalla prima Repubblica, ma inutilmente. Recentemente ci ha provato anche Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, che dopo i grandi annunci del presidente del Consiglio Matteo Renzi e del ministro ai Trasporti Maurizio Lupi sulla necessità di una riforma strutturale che accorpasse il Pra alla Motorizzazione, aveva indicato la strada per tagliare dalla spesa pubblica 60 milioni di euro. Sembrava la volta buona, ma anche questo tentativo è puntualmente naufragato. E in un mare di parole sono scomparse anche le promesse fatte nuovamente, il 30 aprile, dal Presidente del consiglio che, affiancato questa volta dal ministro per la pubblica amministrazione e per la semplificazione Marianna Madia, ha riconfermato di voler accorpare Pra e Motorizzazione. Con tanto di consultazione web, che ha indicato proprio questo tema al quinto posto nella classifica delle proposte di riforma più condivise dagli italiani. Risultato? La proposta è stata accantonata dal Consiglio dei ministri del 13 giugno, con la promessa d’inserirla nel Decreto Sblocca Italia. Dopodiché se ne è persa traccia. Nella riforma delle Pubbliche amministrazioni dell’accorpamento delle due strutture non si trova più alcun cenno: in compenso, al suo posto, è comparsa la proposta di “far nascere il documento unico dei veicoli”, lasciando intatto il doppione strutturale. E continuando a raddoppiare costi e sprechi. La legge di stabilità 2014 già prevede la nascita dell’archivio unico? Evidentemente non importa granché, visto che si è ancora in attesa che il ministro ai Trasporti emani i regolamenti previsti, regolamenti che, a marzo, erano stati promessi a brevissimo termine. Qualcuno ne ha notizia?
Paolo Uggé