La Manovra del Governo ha imboccato almeno quattro strade sbagliate

Sono stati giorni cruciali, quelli da poco trascorsi, che hanno visto il dibattito politico concentrarsi sulla manovra decisa dal Governo, su precise indicazioni della Banca centrale europea. La manovra era ed è indispensabile, e quelli che la criticano lo fanno solo per partito preso. Un Paese che vive al di sopra delle proprie capacità deve – e lo ha ribadito con forza il Presidente della Repubblica – capire che tutto è cambiato. Non è avanzando critiche generiche che ci si muove nell’interesse dell’Italia, della sua economia e della sua crescita; non è richiedendo aiuti da parte dello Stato per imprese che  aumentano i profitti delocalizzando che si aiuta il Paese.

Per questo sarebbe stato importante, oltre che necessario, rivisitare gli aiuti e agire  sugli interventi strutturali. Chi riceve soldi pubblici deve dare occupazione nel Paese. La manovra non è però immune da critiche. Un esempio viene da un episodio che deve far riflettere. Il sottoscritto tempo fa aveva fatto pervenire al Governo un proposta tendente a ridurre i costi relativi al funzionamento del Cnel (del quale faccio parte), proposta che avrebbe dato un segnale di come le forze economiche lì rappresentate avrebbero potuto (e potrebbero ancora) farsi parte diligente nel proporre iniziative finalizzate al contenimento delle spese. Accollando alle rappresentanze presenti nel Cnel i costi per la partecipazione ai lavori del Consiglio dei loro designati si sarebbero risparmiate risorse. Nessuna legge; nessun successivo decreto, ma un atto concreto e forte di condivisione ai sacrifici generali con dei risultati immediati. La proposta non è stata presa in considerazione e si è scelto di ridurre i componenti e rinominare l’organismo.

Anche il mondo del trasporto è stato coinvolto nella manovra con decisioni poco comprensibili. Unica nota positiva è stato  l’emendamento, non condiviso da Confindustria, che consentirà alle parti economiche di proporre al ministro, per settori, i costi della sicurezza nel trasporto merci. Le restanti misure sono invece pesanti stonature che dimostrano in tutta evidenza come sia ancora assente la logica di sistema: la  decisione di ostacolare la liberalizzazione del trasporto ferroviario, obbligando tutte le imprese private del trasporto merci su ferrovia a riconoscersi  nel contratto di lavoro previsto per le Ferrovie dello Stato (scelta applaudita da Confindustria); la “resurrezione” del Sistri, il sistema di tracciabilità  dei rifiuti che era stato prima abrogato dal Consiglio dei ministri in quanto non funzionante e poi rianimato dal Parlamento (ma l’Esecutivo si regge su una maggioranza o no?); l’imposta provinciale di trascrizione che in alcuni casi triplicherà il valore dell’imposta per i mezzi pesanti e che mal si concilia con l’abrogazione delle Province non sono certo un esempio di coerenza ne tantomeno di lungimiranza. Senza dimenticare la mancata liberalizzazione dell’attività di noleggio con conducente e del servizio taxi. Tutti esempi che attestano quanto ci sarà ancora da soffrire. Ma non era la presidente di Confindustria a chiedere le liberalizzazioni?

Paolo Uggè