Non ci stanno i pendolari della Lombardia. Dopo la riunione di fine maggio nella quale l’assessore Raffaele Cattaneo ha confermato l’intenzione di procedere alla seconda fase degli aumenti tariffari per i treni (+10 per cento da agosto), il Coordinamento dei Comitati pendolari della Regione Lombardia snocciola numeri per dimostrare che gli aumenti non sono necessari. In una nota, il Coordinamento chiede dati aggiornati che contemplino “anche gli effetti della manovra tariffaria di febbraio. Sono invece ancora stati presentati i dati già visti a dicembre, col “buco” regionale di 82 milioni e una quadro nazionale dal quale non è semplice discernere le conseguenze per la realtà locale. Ne dobbiamo arguire”, proseguono i pendolari, “che la Regione Lombardia non conosce o non vuole far sapere l’effetto degli aumenti già attuati. In realtà, considerando questi ultimi, stimabili in circa 60 milioni, i tagli ai servizi (circa 20 milioni) e qualche spicciolo in più da Roma, quel buco è stato ormai in gran parte colmato. Non vi sono dunque ragioni di carattere contabile per un ulteriore aumento delle tariffe del 10 per cento, a meno che non si vogliano mettere a carico dei pendolari le inefficienze e i servizi largamente deficitari”. Quali? Sul banco degli imputati, per il Coordinamento dei comitati pendolari della Regione Lombardia, ci sono i servizi ferroviari aeroportuali da Milano a Malpensa, per i quali “si può stimare una perdita di non meno di circa 20 milioni l’anno. Per inciso, la tratta Milano Centrale-Malpensa si colloca al terz’ultimo posto per numero di passeggeri in Lombardia, dopo la Colico-Chiavenna”, la linea che percorre la Valchiavenna a nord del Lago di Como. “Chiunque sia dotato di buon senso”, spiegano i pendolari, “è in grado di capire che in questi servizi vi è quanto meno un eccesso di offerta rispetto alla domanda”.