È stata presentata in Italia mercoledì mattina la campagna dell’Onu per ridurre gli incidenti stradali nel decennio 2011-2020. Come spiega l’Aci in un comunicato, l’intento delle Nazioni Unite è quello di sollecitare un piano mondiale di interventi a lungo termine per sensibilizzare i Governi nazionali ad adottare provvedimenti in grado di ridurre il numero dei morti sulle strade. Senza tali interventi, gli incidenti diventeranno la quinta causa di morte nel mondo entro il 2030 (oggi sono la nona), mietendo più vittime dell’Aids e di varie malattie tumorali: oltre 2,4 milioni morti. Ogni giorno muoiono 3.500 persone sulle strade del mondo, per un totale di oltre 1,3 milioni di morti e 50 milioni di feriti ogni anno. Le ripercussioni sono economiche oltreché sociali: alla tragedia umana vanno infatti sommati i costi dell’incidentalità che sfiorano il 3 per cento del Pil mondiale, per un totale annuo di oltre 500 miliardi di dollari americani. Strade insicure comportano anche più traffico e congestione, con conseguenze per l’ambiente: il 14 per cento delle emissioni globali di gas serra è oggi imputabile al trasporto stradale.
Alla cerimonia di Roma sono intervenuti il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, il presidente della Commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci, e il presidente dell’Aci, Enrico Gelpi. “Gli incidenti stradali sono una gravissima piaga sociale”, ha dichiarato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, “che colpisce soprattutto i giovani e rappresentano anche un grosso problema di sanità pubblica a causa dell’alto numero di morti e di feriti che determinano, con sequele di disabilità di varia gravità. Siamo di fronte quindi a un tema complesso con effetti umani, economici e sociali di grande portata e con gravi ripercussioni sui bilanci sanitari. Il Ministero della Salute ha posto il tema della prevenzione degli incidenti stradali tra le linee di intervento del Piano nazionale della prevenzione 2010-2012. Questa attenzione nasce dalla lettura dei dati: il rapporto Aci-Istat per l’anno 2009 riferisce infatti di una maggiore incidenza di mortalità sulle strade italiane tra i 20 e i 24 anni in soggetti di sesso maschile e in due classi di età, 20-24 anni e 75 – 84 anni, per i soggetti di sesso femminile. Responsabili di questi decessi sono molti comportamenti errati”, ha aggiunto Fazio, “come il guidare sotto effetto di alcol (in particolare il binge-drinking) e droghe, il mancato rispetto delle norme, una mancata percezione del rischio. Tutte condotte che, però, possono cambiare con la formazione, l’educazione, le campagne di prevenzione e l’enforcement, l’aumento dei controlli. È importante quindi che ogni attore coinvolto sul tema della prevenzione degli incidenti e dei suoi esiti invalidanti lavori per dare sostegno al Piano del decennio sulla sicurezza stradale dell’Oms. Il Ministero della Salute, coinvolto nel processo di monitoraggio di attività del decennio, coordinerà per l’Italia il Report mondiale sulla sicurezza stradale dell’Oms”. E a proposito di formazione, il ministro ha annunciato una novità: “Assieme alla Federazione italiana dei pubblici esercenti”, ha detto Fazio, “si faranno dei corsi di formazione per chi vende alcolici, sia nei locali, sia nei supermercati. Le norme ci sono”, ha ribadito Fazio, “non dobbiamo mollare sul problema dell’alcol ai giovani”.
“Le modifiche al Codice della strada introdotte dal Parlamento l’anno scorso”, ha detto il presidente della Commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci, “stanno dando i risultati sperati. I dati ufficiosi di Polizia e Carabinieri, relativi al primo trimestre del 2011, indicano una riduzione della mortalità sulle strade intorno al 12 per cento. Se confermato, questo dato ci consentirebbe di raggiungere l’obiettivo europeo del dimezzamento del numero dei morti del 2001 con un anno di ritardo. Ma non bisogna di certo fermarsi, bisogna tenere alta l’attenzione delle istituzioni e dei media e agire in campo legislativo con interventi mirati, a cominciare dall’introduzione del reato di omicidio stradale. Non si tratta di una volontà giustizialista”, ha detto Valducci, “ma di un’azione di deterrenza perché chi è ubriaco o drogato non si metta alla guida”.
“Per contrastare l’incidentalità stradale nel mondo servono strategie condivise e programmi sinergici a livello internazionale e locale, che ridefiniscano il rapporto quotidiano tra gli individui e il loro fabbisogno di mobilità, puntando sul rispetto delle regole e sulla consapevolezza alla guida. La carenza di risorse non può giustificare l’immobilismo, perché 1 euro speso per la sicurezza stradale frutta 20 euro in risparmio di spesa sociale. Si può evitare un sinistro fatale su tre con investimenti finalizzati alla sicurezza delle infrastrutture”, ha commentato il presidente dell’Aci e vicepresidente della Federazione Internazionale dell’Automobile, Enrico Gelpi. “In Italia si contano annualmente più di 4.000 morti e 300.000 feriti sulla strada e questa strage va arginata facendo leva sulla formazione e sulla responsabilizzazione dei guidatori. Sta trovando consensi nel Governo e nel Parlamento la proposta dell’Aci per un Codice della Strada più snello, formulata nel 2008 a tutte le forze politiche con il Manifesto degli Automobilisti. L’obiettivo è un Codice che orienti i comportamenti dei conducenti con poche e chiare regole: un testo alleggerito dalle disposizioni sulle caratteristiche dei veicoli e delle strade, rimandate a uno specifico regolamento tecnico”. Per saperne di può ci si può collegare alla pagine che l’Aci ha dedicato all’iniziativa a questo link.