«Io, mamma di una vittima della strada “condanno” i giudici»

Le tragedie di oggi possono servire a evitarne nuove domani? E possono servire a far riemergere dai cassetti dove giacciono impolverati da anni documenti che potrebbero contribuire a garantire maggiore sicurezza sulle strade italiane? Probabilmente sì. Almeno a giudicare dalla lettera di una madre, che anni fa ha perso un suo caro in un incidente stradale. Una lettera che la donna ha inviato alla redazione di Stradafacendo e nella quale si domanda che fine abbia fatto un “caso” misteriosamente scomparso nei meandri del Tar (tribunale amministrativo regionale) del Lazio. Il caso è presto spiegato: da qualche anno, per diminuire l’incidenza del costo del trasporto si consente che automezzi che portano 108 tonnellate circolino sulle strade nonostante le norme del Codice della strada dispongano in modo diverso. Praticamente si consente, per legge, di violare la legge… Cose da Paese di Pulcinella (o dove molti magistrati si occupano solo delle inchieste che assicurano le copertine, con escort e quant’altro…). Ma, come non bastasse, da sei anni, dal 2005, pende un ricorso presso il Tar che fino a oggi non si è pronunciato sulla legittimità di tale interpretazione. Duemila e passa giorni non sono bastati ai giudici del tribunale amministrativo regionale per esaminare la questione. E si badi bene, una questione che può spazzare via delle vite umane, cancellate da un Tir che magari non è riuscito a fermarsi perché sovraccarico…  “Da anni si aspetta una sentenza che dica se si può o meno trasportare un peso enorme in barba al Codice della strada e nel frattempo i mezzi circolano tranquillamente con il rischio per la collettività, scrive ora la mamma che, a differenza dei giudici, ha trovato il tempo per documentarsi. Scoprendo, dall’avvocato che aveva seguito la causa della sua  disgrazia, che l’avvocatura dello Stato può fa l’istanza di prelievo della sentenza accelerando l’iter e il pronunciamento di merito? “Chiedo al ministero dei Trasporti o al ministero della giustizia perché questo non viene fatto”, scrive la donna. “Ogni ora che lasciamo trascorrere oltre agli anni già trascorsi abbiamo tutti sulla coscienza una situazione potenzialmente esplosiva. Mi auguro che qualcuno intervenga e grazie per quanto potrete fare”. Chissà: forse quei giudici che in sei anni non hanno trovato il tempo di leggere la pratica, all’idea di avere sulla coscienza delle vittime innocenti potrebbero avere un brusco risveglio…