Che lo vogliamo o no, anche il nostro Paese, nonostante l’oculata gestione del ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti abbia evitato ai cittadini interventi traumatici conseguenti alla crisi economica mondiale, si troverà a dover individuare gli interventi necessari a ridurre il deficit pubblico. In questi giorni abbiamo sentito le proposte più disparate: dalla diminuzione dei compensi per i parlamentari all’abolizione delle vetture di servizio. Addirittura sono stati ipotizzati interventi sulle pensioni o sui salari di alcune categorie. Ogni idea che consenta una visibilità sui media viene oggi utilizzata mettendo in ambascia intere categorie. E intanto continua a restare inspiegabile il motivo per cui non si sopprimono, come da impegni elettorali assunti, Province o Comunità Montane. Mancate promesse sulle quali gli italiani, al momento opportuno, giudicheranno il Governo. Un fatto è certo: poche sono le analisi per comprendere le ragioni della situazione che si è determinata e, soprattutto, per capire chi sono coloro che i cittadini italiani debbono “ringraziare”. Un esempio viene dal cambio lira-euro e dalla gestione dei nuovi ingressi nell’area dell’Unione che non sono stati così irrilevanti per l’evoluzione negativa in atto. Quando vengono poste tali riflessioni si viene catalogati subito come dei detrattori dell’Europa unita o del vero responsabile del guaio, del quale oggi paghiamo le conseguenze, ovvero il professor Romano Prodi. Richiamarlo alla mente dei cittadini non è un delitto di lesa maestà, ma un fatto evidente. Fatta la diagnosi, ora occorre però trovare la cura, intervenendo, “chirurgicamente” con tagli non più rinviabili, su alcuni settori per ridurre in modo strutturale i costi e gli sprechi che danneggiano il Paese. Una delle soluzioni che per nostra competenza ci permettiamo di rilanciare è quella delle soluzioni logistiche adeguate. E visto che di cure stiamo parlando, prendiamo come esempio proprio la sanità che, secondo il Fondo monetario, sarebbe il problema più grave della spesa pubblica italiana con il 6,3 per cento del Pil, e destinato a incrementarsi negli anni a venire. Per impedire che l'”ammalato Italia” peggiori, basterebbe semplicemente utilizzare come antidoto la logistica, prendendo esempio da esperienze già in atto in altri Paesi che hanno portato a una riduzione di costi pari a 1028 euro per posto letto. Alcune stime attestano che in Italia sarebbero 250mila i posti letto. Quindi, con una semplice operazione, questa volta matematica, si può scoprire quanto direttamente si possa risparmiare in termini di costi, estendendo ad altre filiere i principi della logistica. Senza contare altri fattori come tempo, congestione, inquinamento… Una cura reale, concreta, facilmente applicabile che dovrebbe essere seriamente considerata da coloro che partecipano in qualità di esperti all’attuale Governo. La soluzione è contenuta nel Patto della Logistica sottoscritto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nella XIV legislatura prima d’essere incomprensibilmente accantonato dall’allora ministro ai Trasporti Alessandro Bianchi. Forse oggi ripescare dai cassetti quel Patto per approfondirlo sarebbe utile anche per dimostrare che il “governo del fare” è davvero in grado, innovando, di dare una risposta a un tema di grande rilevanza. L’idea che aveva indotto coloro che avevano predisposto quel “patto” si basava sulla possibilità di riconoscere contributi dello Stato aggiuntivi rispetto a quelli preventivati per la sanità, solo alle regioni che avevano utilizzato il progetto di gestione per la logistica ospedaliera predisposto. Certo, realizzare un simile progetto necessita impegno e rischi ed è sicuramente più difficile che fare delle “sparate” demagogiche col solo scopo di finire sulle prime pagine dei giornali. La domanda è se il nostro Paese sia ancora in grado di sopportare dei chiacchieroni o voglia invece affrontare concretamente le vere questioni che sono come i nodi: prima o poi vengono al pettine.
Paolo Uggé