Approvata la riforma dei porti,
subito arrivano le prime critiche

Nel corso del Consiglio dei ministri di venerdì 16 aprile è stato approvato il disegno di legge di riforma dei porti italiani. L’annuncio è stato dato dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, il quale ha dichiarato che “si tratta di una riforma a cui abbiamo lavorato in collaborazione e con il supporto del Parlamento”. L’obiettivo è chiaro, “modernizzare l’attività, il ruolo e l’efficienza dei porti. Sono cinque i pilastri del disegno di legge”, ha aggiunto Matteoli, “dalla ridefinizione del ruolo delle Autorità portuali, alla riformulazione del processo della loro governance, e la previsione di funzioni tipicamente manageriali dei loro presidenti”.
“Grande attenzione”, ha proseguito Matteoli, “viene riservata al rapporto tra porto e territorio, tra porto e reti di accesso e di conseguenza alle importanti problematiche ed implicazioni legate all’ultimo miglio”.
Il disegno di legge rivolge la propria attenzione “anche ai provvedimenti di semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori generali dei porti, per il rilascio delle concessioni ai privati e di sdemanializzazione, e per facilitare il dragaggio dei fondali”, ha spiegato Matteoli. “Il disegno di legge prevede, inoltre, norme per stabilizzare il lavoro portuale e un riferimento certo, attraverso un Fondo per le infrastrutture già in vigore, per il rilancio degli investimenti nel comparto”.
Inserita anche una norma, decisa in accordo con il ministro del Turismo, Michela Brambilla, per favorire la realizzazione di nuovi pontili per la nautica da diporto, che consentirà l’aumento del numero dei posti barca nelle aree interessate da questo tipo di attività.
Matteoli ha concluso auspicando un rapido esame del disegno di legge sia in sede di Conferenza Stato-Regioni sia in Parlamento.
All’annuncio del ddl sono immediatamente seguite le prime critiche. Tra queste emerge quella di Luigi Merlo, presidente dell’Autorità portuale di Genova secondo cui una riforma che non prevede l’autonomia finanziaria per le Autorità portuali è destinata a penalizzare fortemente i porti, nel lavoro e nello sviluppo.