“Duemila anni fa Roma ha dimostrato che costruendo le strade si può costruire un impero, si può conquistare il mondo. L’ha fatto grazie all’intuizione di un uomo cieco: Appio Claudio, console, pretore e censore, soprannominato Caecus proprio perché aveva perduto la vista, l’uomo entrato nella storia per aver costruito la prima vera strada romana. Due millenni abbondanti più tardi Roma è diventata talmente cieca da non riuscire a vedere che senza un’adeguata rete di infrastrutture non solo non potrà conquistare nulla, ma vedrà inesorabilmente sgretolarsi quel che resta (ormai molto simile ad antiche rovine) del proprio potere economico”. Iniziava così, ormai sei anni fa, un articolo pubblicato dal quotidiano Libero per raccontare l’importanza di avere un’ampia visione delle infrastrutture e la cecità di chi non ha saputo coglierne l’il ruolo strategico, riducendo in molti casi la rete infrastrutturale a un ammasso di asfalto e piloni portanti, rotaie e banchine portuali spesso da rottamare, spesso capaci di uccidere (come accaduto a Genova con il ponte Morandi), spessissimo in grado di rendere l’Italia un Paese non competitivo sui mercati internazionali. Continua a leggere