“Io camionista schiavo moderno con licenza di uccidere e di morire sul lavoro”. Così, egregio signor presidente del Consiglio, si autodefinisce un autotrasportatore che oggi ha inviato una lettera aperta a un lettissimo blog, stradafacendo.tgcom24.it. Provi a leggerla quella disperata richiesta di aiuto, se ha 3 minuti, egregio presidente e poi provi a dirmi se non la trova, come l’ho trovata io, agghiacciante. E da “addetto ai lavori” (sono segretario provinciale di una associazione di trasportatori, la Fai) le posso garantire che quella lettera potrebbe essere scritta tranquillamente da decine di migliaia di altri “schiavi moderni”, tutti con licenza di morire o di uccidere (o di entrambe), tutti vittime di ricatti, tutti abbandonati da uno Stato che fa finta di non vedere, che non ha soldi per far fare controlli sulle strade, nella aziende, nei capannoni dei committenti…”. Ad affermarlo è Doriano Bendotti, segretario provinciale della Fai Conftrasporto di Bergamo, che in un altro “Sos”, sempre affidato a stradafacendo.tgcom24, domanda al presidente del Consiglio: “quanti sono coloro che, come questo poveraccio disperato, sono costretti a lavorare 20 ore in 19 ore in un giorno dormendone 5?