Trentamila imbarcazioni da diporto “sparite” dai marina italiani e dirottate verso porti turistici di altri Paesi, oppure addirittura mai messe in acqua, tenute all’asciutto di un capannone per evitare le spese di gestione; 200 milioni di euro scomparsi dai bilanci dei servizi offerti in banchina ai navigatori; altri 400 milioni di euro svaniti nel nulla per quanto riguarda la spesa sul territorio, ovvero l’indotto rappresentato dallo shopping che gli armatori fanno una volta raggiunta in barca la costa, pranzando e cenando nei ristoranti, visitando le città e i suoi negozi, i suoi musei, i monumenti e i siti archeologici. Senza dimenticare i 20mila posti di lavoro spazzati via… Neppure uno tsunami di proporzioni bibliche probabilmente avrebbe potuto causare il disastro che sono riuscite a provocare le ultime manovre varate dal Governo in materia di nautica da diporto, prima con le nuove tasse sullo stazionamento previste dal decreto Salvaitalia e poi con la “caccia senza quartiere” ai presunti armatori – evasori, con i controlli a tappeto sui proprietari delle imbarcazioni. Continua a leggere