Andava a 92 chilometri orari in un tratto di strada dove il massimo consentito è 90. Un eccesso di velocità come tanti, “fotografato” da un autovelox. La multa, 38 euro, è arrivata qualche mese dopo e alla donna in questione quel verbale sarà sembrato una pugnalata. Perché dietro quell’eccesso di velocità, come racconta il sito del Corriere della Sera, c’è una storia struggente. Quella sera Graziella Cecconello correva troppo perché poco prima un carabiniere le aveva detto al telefono che sua figlia Alessandra, di 33 anni, era in fin di vita all’ospedale dopo un’incidente in auto. Era una bugia: in realtà la donna era morta sul colpo.
Quando ha ricevuto il verbale, Graziella Cecconello ha chiamato i vigili urbani di Corbola, in provincia di Rovigo, per spiegare: «Non volevo contestare la sanzione – ha spiegato la donna al Corriere – ma soltanto informare che la mia condotta di quella notte era stata determinata da un’esigenza insopprimibile: per questo ritenevo che si potesse annullare la contravvenzione». In realtà la multa è rimasta. I vigili di Corbola le hanno detto che «la cosa non li riguarda e che avrebbe dovuto rivolgersi all’autorità giudiziaria: non hanno voluto sentire ragioni». La signora Cecconello ha deciso che non farà alcun ricorso al magistrato: «Certo che pagherò, il problema che ho provato a sollevare non era ovviamente di natura pecuniaria: era una questione di giustizia, così almeno pensavo…». Pagherà, racconta sempre il Corriere. Però, assieme al coniuge, ha deciso che questa piccola storia di ottusità burocratica non doveva passare sotto silenzio. Prima ha scritto una lettera al Carlino Ferrara. E ora, con la piccola Francesca sulle ginocchia (sei anni, figlia della defunta Alessandra), dice senza rabbia, quasi scusandosi, che «non è mio costume piantare grane, ma stavolta mi sono sentita offesa dalle risposte ricevute: mi hanno trattata con arroganza, aggiungendo dolore al dolore». L’incidente avvenne il 21 giugno scorso, la multa è arrivata nel settembre scorso. «Quando abbiamo fatto presente la situazione al comando di Corbola – racconta al Corriere della Sera l’avvocato Ranzato —, ci hanno detto che avremmo dovuto documentare la nostra versione. Cosa che abbiamo fatto, inviando il certificato di morte e il verbale dei carabinieri sull’incidente». Nessuna risposta per qualche settimana. «Allora ho richiamato e mi è stato detto che, sì, la nostra versione era vera, ma non spettava alla polizia municipale farsene carico. Ho anche ricordato che, in determinati casi di urgenza, la legge prevede deroghe all’applicazione delle sanzioni. “Vada dal magistrato” è stata la risposta in tono seccato. Non ci andrò, che m’importa ormai… Ma questa storia ho voluto raccontarla».