Scaricare un container in porto? Servono 68 documenti. Storia di una vergogna lunga 16 anni

Cosa aspetta l’Italia a “varare” lo sportello unico doganale, atteso da 16 anni per superare l’incubo della burocrazia e impedire così che si arrivi a vivere, nei porti del Belpaese, situazioni incredibili come quella di richiedere “68 istanze da trasmettere a 18 amministrazioni diverse per svincolare le merci in import/export”? È la domanda che si sono posti praticamente tutti i partecipanti al 5°Forum internazionale dei trasporti leggendo i dati presentati nel Rapporto Isfort presentato al 5° Forum internazionale dei trasporti di Conftrasporto-Confcommercio in corso a Villa d’Este, a Cernobbio, documento che rappresenta un vero e proprio atto d’accusa contro l’incapacità politica del Paese in materia di burocrazia, ma anche di “ritardi digitale che rallentano tutto il sistema”. Perchè se è vero che la macchina burocratica è un vero e proprio cancro, capace ormai di stroncare sul nascere ogni “sogno imprenditoriale”, anche la mancata integrazione tra le operazioni doganali e le innovazioni sviluppate a supporto dell’efficienza della logistica, ha le sue, gravissime, colpe. “Proprio il digitale, dai software per ottimizzare i processi ai sistemi di automazione per gestire l’enorme quantità di dati che le merci in movimento sono in grado di trasmettere, sta trasformando il lavoro nella logistica e nei trasporti da fisico a intellettuale”, affermano gli estensori del documento, evidenziando come “in barba ai luoghi comuni, grazie anche all’aumento dei traffici, l’avvento delle nuove tecnologie non ha tagliato posti di lavoro: nel 1997 gli addetti diretti dei servizi portuali erano circa 5mila, oggi sono poco meno di 19mila. Sbloccando i cantieri e accelerando sul digitale potremmo sciogliere gli ormeggi puntando dritti alla crescita”. Crescita raggiungile attraverso alcune “priorità” indicate chiaramente,fra cui figura, in “prima fila” proprio , “l’immediato varo dello sportello unico doganale e dei controllo, insieme alla richiesta di avviare una strategia organica per la velocizzazione dei dragaggi attraverso l’istituzione di un ufficio dragaggi presso il Ministero  e l’elaborazione di un testo unico della normativa con criteri di armonizzazione e semplificazione, la costituzione di una task force fra i ministeri dei Trasporti, dell’Ambiente, di Ispra, Arpa e Istituto Superiore di Sanità per semplificare procedure e fornire uniformi chiarimenti interpretativi, elaborazione di piani nazionali di siti immersione e riutilizzo dei sedimenti”. Ma ci sono anche altre importanti decisioni da prendere, se si vuole davvero rilanciare l’”economia del mare”: rilanciare le zone economiche speciali attraverso una vera attivazione di significative semplificazioni amministrative, rafforzare i vantaggi economici per le imprese e includere  tra i beneficiari di quest’ultimi degli operatori dei trasporti, della distribuzione energetica e delle relative infrastrutture; varare un piano di incremento della informatizzazione dei porti, con accessi a varchi con scanner per rilevazione targhe veicoli, e omogenizzare le procedure per la sicurezza portuale affrontando, anche, il tema della cyber security; promuovere l’elettrificazione delle banchine, supportandole, dal punto di vista della domanda, con interventi sul regime delle accise sull’energia elettrica, per rendere conveniente la scelta “plug in”. E altre indicazioni ancora, che i politici “interessati” potrebbero almeno provare a leggere…