Neopatentati e “sconto Bersani” sulle polizze: Comune che vai, usanza che trovi

Stato famigliaPaese che vai, usanze che trovi. Peccato che in Italia il detto valga anche per le leggi e le norme amministrative che ognuno invece di applicare interpreta. Col risultato che per lo stesso reato un imputato  può essere assolto davanti a un tribunale e condannato davanti a un altro. Oppure che, per ottenere lo stesso identico certificato in Comune,necessario per avere diritto allo stesso identico trattamento per una polizza assicurativa, uno debba pagare 16 euro e mezzo e un altro 26 centesimi. La prova (che siamo un Paese di Pulcinella…)? Il certificato di stato famiglia richiesto dalle compagnie assicurative per permettere a un neo patentato di godere della legge Bersani e a milioni di genitori di non doversi dissanguare al momento di assicurare la prima auto dei figli diciottenni e freschissimi di patente. Una  legge con la quale l’esponente del Pd ha introdotto la possibilità di assicurare un veicolo acquistato, nuovo o usato, utilizzando la stessa classe di merito di un altro veicolo già di proprietà di un  componente dello stesso nucleo familiare con una polizza attiva.  Consentendo risparmi per centinaia di euro considerato il divario di costi fra l'”ingresso” nel mondo degli assicurati dalla quattordicesima posizione (su 18), e l’eventuale prima classe magari posseduta da un padre, una madre o un fratello bravo al volante e rispettoso del codice.  Ebbene a un genitore che si presenti allo sportello dell’anagrafe per ottenere il certificato necessario a ottenere il maxisconto può capitare, a seconda di dove abita e delle “interpretazioni” date dai funzionari comunali,  di poter fare l’atto in carta semplice, pagando solo il costo di carta e stampa, 26 centesimi, oppure di sentirsi rispondere che l’atto può essere fatto, per legge, solo in carta da bollo. Pagando 16 euro di marca da bollo più i diritti di segreteria (che non si sa per quale motivo raddoppiano i 26 centesimi della carta semplice passando a 52…). È successo a Bergamo: presentatosi nella sede della propria compagnia assicurativa per fare la pratica assicurativa per la figlia, un imprenditore è stato invitato ad allegare alla documentazione  lo stato di famiglia,  con una sottolineatura da parte della cortese impiegata: “Mi raccomando, in carta semplice. Non è obbligatorio in bollo”. Cosa peraltro dimostrato da un analogo documento, rilasciato da un comune dell’hinterland, a una manciata di chilometri dal capoluogo, in bella vista sulla scrivania. “Presentatosi allo sportello del Comune in centro alla città, il professionista si è però sentito dire tutt’altro: “Il bollo è obbligatorio per questo documento, senza non è possibile rilasciarlo. Se vuole, se la compagnia assicurativa l’accetta, possiamo rilasciarle, in carta semplice, un’autocertificazione”. Peccato che al malcapitato padre di famiglia, solamente poco prima l’impiegata avesse, guarda caso, aggiunto: “Se le propongono un’autocertificazione sappia che non è valida”. Chi ha ragione? La funzionaria del Comune di Bergamo è apparsa sicurissima di se: “Premesso che i 16 euro non li incassa l’amministrazione comunale ma che vanno allo Stato”, ha spiegato con estrema cortesia, ” chi sbaglia è il responsabile comunale chi non fa pagare. Che, per assurdo, potrebbe essere chiamato a risarcire i danni allo Stato stesso”. E sulla possibilità di ottenere un’autocertificazione a costo zero? “Le compagnie non possono accettarle, per la semplice ragione che non possiedono strumenti per verificarne la correttezza e legalità”, si è sentito rispondere l’imprenditore. Che forse abbia ragione chi sospetta (secondo il motto di andreottiana memoria che a pensar male ci si azzecca spesso)  che in certi comuni le persone normali paghino il bollo e gli amici no? Non ci sarebbe nulla da stupirsi in un Paese che vede gli impiegati andare a timbrare il cartellino in mutande. L’augurio è che qualcuno chiarisca in modo definitivo come si deve comportare un’amministrazione comunale in un caso simile. Perché vivere in un Paese dove  “Comune che vai usanze che trovi… E chissenefrega se si continua a dire che la legge è uguale per tutti”, non è esattamente il massimo…