“Il decreto sui mezzi sotto le 3,5 tonnellate farà solo accelerare il pericolo sulle strade”

Il ministero dei Trasporti sta pensando di emanare un decreto che esenti i conducenti di autoveicoli aventi portata inferiore alle 3,5 tonnellate dall’obbligo di dimostrare il possesso di stabilimento, professionalità, onorabilità e capacità finanziaria, onorabilità per poter essere ammessi all’esercizio della professione di autotrasportatore. Com’ è possibile che questo accada? È una domanda alla quale vorremmo tanto  fosse data una risposta, chiara e rapida, dal ministro competente.

In attesa di conoscere la risposta ci permettiamo di sottolineare che non sono capricci della burocrazia nazionale quelli che prevedono il possesso dei quattro requisiti sopra citati, ma i contenuti di una direttiva comunitaria, e che senza quei requisiti nessuno può essere ammesso ad esercitare la professione di autotrasportatore. Ed è sempre la medesima direttiva a prevedere che ogni Paese, per esigenze nazionali, può prevederne l’applicazione anche per imprese che abbiano in disponibilità automezzi aventi portata inferiore. In Italia già oggi,  per ragioni di sicurezza, per evitare forme di concorrenza sleale e di sfruttamento, il limite previsto è pari a 1,5 tonnellate. Avere sulle strade italiane già congestionate conducenti alla guida di furgoni senza il possesso dei quattro requisiti sarebbe estremamente pericoloso per la sicurezza degli utenti della strada. Purtroppo sono molti i committenti che già oggi impongono a conducenti, per lo più provenienti da Paesi extracomunitari, un numero di consegne elevato come condizione per poter corrispondere loro il compenso giornaliero pattuito, che si aggira intorno ai 150 euro. Neppure nei tempi del più bieco caporalato si sarebbe giunti a pensare a un simile sistema. La risposta alla domanda: “chi sostiene i costi per la copertura della tutele minime sociali per questi lavoratori?” è evidente quanto scontata: tutti noi. Questa è una piaga sociale che un Paese civile deve regolamentare e non solo perché questo modo di fare determina il ricorso a forme  di lavoro nero, ma perché così si inducono comportamenti non certo rispettosi delle norme sulla sicurezza da parte di coloro che non possono rinunciare a percepire il  il corrispettivo giornaliero. Fai Conftrasporto non è disponibile ad accettare una simile situazione e si batterà contro queste forme di sfruttamento e di concorrenza sleale.  Se il ministero vorrà perseguire tale strada, si assuma le proprie responsabilità per  un (probabilissimo, praticamente certo)  incremento degli incidenti nelle realtà urbane, per  un aumentato pericolo sulle strade. Responsabilità che Fai Conftrasporto denuncerà puntualmente con grande forza all’opinione pubblica. Perchè in questa vicenda non si tratta di liberalizzare, ma di tutelare la dignità umana e la sicurezza. E per fare questo esiste uno strumento, il cronotachigrafo, che è giusto che sia applicato a tutti, in modo da registrare i tempi di guida e la velocità a cui viaggiava ogni mezzo. Compresi quelli guidati da poveri disperati sfruttati dal caporalato.

Paolo Uggé