Mancano 22mila camionisti, ma nessuno li trova. Per colpa di chi per anni non ha capito niente

“E’ il fallimento della politica, incapace di dare il giusto valore ad alcune  professioni, sostenendo, e non certo solo economicamente, i lavori più pesanti, faticosi e allo stesso tempo importanti; ma è anche  il fallimento un’intera categoria incapace di farsi ascoltare come avrebbe dovuto e di “guidare” la politica sulle strade giuste  per “costruire” un ricambio. Un’intera categoria  troppo spesso impegnata  a “rubarsi” i clienti abbassando i prezzi e “svendendo” di fatto l’intera professione di autotrasportatore e poco impegnata invece a guardare oltre”. Sono parole dure, amarissime quelle pronunciate da un anziano autotrasportatore di fronte alla notizia che il settore è al collasso, con 22 mila camionisti che non si trovano e con la conseguenza che a rischio c’è il “sistema rifornimenti”. Una situazione pesantissima, fra le peggiori degli ultimi decenni, fotografata da una ricerca della della Cgia di Mestre che evidenzia come già oggi senza camionisti la situazione rischi letteralmente di precipitare in un Paese dove  l’80 per cento delle merci viaggia su gomma. Una situazione che potrebbe addirittura  trasformarsi in una crisi nazionale, avvertono gli analisti, la cui ricerca conferma che l’emergenza di oggi è frutto di un problema che  certo non è di adesso ma  è vecchio di  anni durante i quali non è stato risolto, ma anzi è drammaticamente andato peggiorato.  Proprio grazie all’incapacità di troppi di cambiare strada, i realizzare progetti strutturali senza limitarsi a tamponare le falle . Sono i dati raccolti dalla Cgia di Mestre a mostrare, senza timore di smentite, che in troppi hanno lasciato che gli anni trascorressero senza comprendere davvero il pericolo a cui si andava incontro, senza trovare – e se necessario imporre – una soluzione:  negli ultimi cinque anni  il numero di titolari della carta di qualificazione del conducente, documento indispensabile per guidare i bestioni della strada, è diminuito di quasi 410mila unità, con un calo del 35 per cento. Dati che però non sono stati ancora sufficienti per far comprendere che non era certo solo il costo dei corsi e degli esami per ottenere la Cqc a far scappare i giovani da questo mestiere, ma che erano le condizioni di lavoro. Con lo stress di guidare per ore nel traffico moltiplicato dalle ore d’attesa sui piazzali della committenza e con una burocrazia idiota come non mai pronta a massacrare di sanzioni un autista magari per aver guidato pochi minuti in più, fermato dalle code e da committenti incapaci di comprendere l’importanza del ruolo che l’autotrasporto riveste per la “vita normale quotidiana”, per poter tornare a casa a farsi una doccia, magari per cenare seduti al tavolo con i propri cari dopo giorni di trasferta.  “Una politica incapace di comprendere perché “loro”, quelli che guidano il Paese, sulle auto blu non fanno le code, non sudano, non si sporcano”, ha commentato sempre l’anziano autotrasportatore .  Giurando che ai propri figli e nipoti oggi come oggi non consiglierebbe certo  di fare questo mestiere.  A meno che non cambi tutto, che il Paese riconosca il “ruolo sociale” che ha questa categoria di lavoratori, e che lo “riconosca pubblicamente, facendo magari un mea culpa, e soprattutto concretamente: adeguando gli stipendi, cancellando situazioni assurde (come quella che, per esempio, non  considera una morte sul lavoro la perdita della vita di chi ha come “posto di lavoro” la strada), restituendo dignità a questa professione. “Un lavoro fondamentale per garantire che il Paese si muova ogni giorno”,  conclude amaramente l’anziano rappresentante della categoria, “svolto da quei camionisti che tutti hanno chiamato eroi durante la pandemia da Covid salvo poi, cessata l’emergenza, dimenticarsi che senza di loro le merci nei negozi non ci sono, così come il carburante nelle aree di servizio,  o i medicinali nelle farmacie e negli ospedali. In altre parole che senza di loro si rischia la paralisi. Qualcuno adesso, numeri alla mano, comincerà a capirlo e ad agire di conseguenza senza facili proclami o finte soluzioni ma intervenendo a monte, la dove  si dà a un lavoro l’importanza, la dignità, la sicurezza, il trattamento economico che merita?”