La rivoluzione dell’auto elettrica è una medaglia a più facce e non tutte positive, belle. Una, per esempio, è quella fotografata da un’analisi svolta dai responsabili del Centro Studi di Unem, l’Unione energie per la mobilità: uno studio che prevede nel 2030 “una riduzione sostanziale di carburanti liquidi impiegati nella mobilità, stimata in circa 5 milioni di tonnellate rispetto a oggi, quale saldo tra la contrazione dei prodotti fossili e lo sviluppo di quelli rinnovabili, e una crescente domanda di energia elettrica trascinata da oltre 4 milioni di auto elettriche pure”, mostrando immediatamente la faccia peggiore (e da molti tenuta nascosta) della medaglia. Quella che mostra come, se tali tendenze dovessero essere confermate, difronte a “una riduzione del gettito fiscale derivante dalle sole accise sui carburanti che, sempre al 2030, si può stimare in circa 3,8 miliardi di euro per compensare tali minori entrate, a meno di aumentare le accise su benzina e gasolio, già tra le più alte di Europa, l’altra via estrema sarebbe quella di rivedere l’attuale tassazione sulle ricariche destinate alle auto elettriche, con effetti rilevanti sulle tasche dei consumatori”. E il conto presentato dagli analisti nel caso dovesse essere seguita la seconda strada sarebbe salatissimo per chi sceglie l’elettrico: “se oggi per fare 100 chilometri con un’auto elettrica si spende mediamente tra i 5 e i 6,5 euro”, si legge infatti nel comunicato stampa diffuso da Unem, “al 2030 questa spesa potrebbe quadruplicare proprio per compensare il minor gettito fiscale, con la spesa per l’utente finale che sarebbe compresa tra un minimo di 19 euro e un massimo di oltre 24 euro. Quattro volte, appunto, il costo attuale e il doppio rispetto a quello sostenuto oggi con un’auto ibrida a benzina”.