Chi guida un tir per ore senza riposare uccide anche a te. Di al Governo di farlo smettere

“Chi fuma avvelena anche te. Digli di smettere”. Era questo il messaggio lanciato ormai quasi mezzo secolo fa da una campagna di pubblicità progresso per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi ai quali vanno incontro i non fumatori quando entrano a contatto col fumo. Una campagna di prevenzione lanciata in un tempo in cui non esisteva la legge sul divieto di fumare nei locali pubblici con un rischio ancora più elevato di “intossicare” i poveri non fumatori. Chi guida un Tir per ore e ore di fila uccide anche te. Dite al Governo di farlo smettere” potrebbe essere invece lo slogan per un’eventuale campagna che le associazioni dell’autotrasporto potrebbero lanciare per sensibilizzare il mondo politico contro un pericolo che ogni giorno viaggia a tutta velocità lungo strade e autostrade: quello rappresentato dai Tir con al volante conducenti che non riposano per ore e che rischiano di restare vittime, da un momento all’altro di un colpo di sonno. Autentiche bombe a orologeria viaggianti che rischiano di causare delle stragi considerate le dimensioni e il peso dei giganti delle strade. Una nuova campagna di pubblicità progresso (fatta dal mondo privato, quello dell’autotrasporto, in mancanza di un’attenzione al fenomeno da parte del mondo pubblico) che riassumerebbe il contenuto di un comunicato stampa diffuso dalla Fai, la Federazione autotrasportatori italiani, dopo la notizia che a Bari un conducente estero è stato sorpreso alla guida di un  Tir da 17 ore consecutive, e, come non bastasse, con falsa documentazione di viaggio.  “Sicurezza per chi viaggia sui Tir è sicurezza tutti gli utenti della strada: applicare il principio della responsabilità condivisa fra tutti i componenti della filiera del trasporto è indispensabile” esordisce il comunicato che prosegue immediatamente con l’appello del presidente nazionale Paolo Uggè a garantire l’attuazione di ‘un principio, sancito dalla legge. “L’ha detto anche il presidente della Repubblica Sergio Paolo Mattarella: la sicurezza nei trasporti e nel lavoro è indice di civiltà”, ribadisce Uggè. “La gente non può che domandarsi perché non si faccia nulla per porre un freno alle stragi sui luoghi di lavoro (la strada è uno di questi), che spesso derivano da pratiche di sfruttamento. Sembra incredibile, eppure le normative esistono e sono chiare, ma non sono fatte rispettare da chi è preposto a garantirne il rispetto. Personalmente”, prosegue il presidente di Fai Conftrasporto, “ ho sensibilizzato ministri e presidenti del Consiglio sulla necessità di responsabilizzare direttamente ogni soggetto della filiera dei trasporti, ma senza avere alcun risultato . Eppure la soluzione, c’è, prevista da una legge dello Stato, che si ritrova nel decreto legislativo 286/05 e nel codice della strada. “Piangere dopo non serve, si smetta di compiere vere e proprie omissioni di atti d’ufficio facendo finta che le norme non esistano, perché da questa responsabilità collettiva nessuno può chiamarsi fuori”, è l’ultimo messaggio d”inviato” dal l presidente Fai al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro dei Trasporti Matteo Salvini sollecitandoli a “rimettere in circolazione i centri di Revisione mobili’ per rendere più efficaci e accurati i controlli”.

4 risposte a “Chi guida un tir per ore senza riposare uccide anche a te. Di al Governo di farlo smettere

  1. E con coerenza poi contemporaneamente si chiede al governo di aumentare il decreto flussi per l’autotrasporto, sia in ordine di tempo che di unita’. In breve si decanta la sicurezza e le associazioni di categoria, dopo aver sostenuto per anni la teoria della delocalizzazione e importazione selvaggia di manodopera a basso costo come massima soluzione, ora la trova in autisti del sud est asiatico, formati sempre nei paesi dell’est e mandati per mesi sui mezzi a nolo. Alla faccia della sicurezza, in quanto non hanno nessun interesse a lavorare in regola, in quanto anche in un caso come questo di Bari, patente ritirata rientro nel mio paese e vi saluto. E non e’ il primo caso e non sara’ l’ultimo, dato che manca un registro unico delle patenti europee. Alla faccia della sicurezza. Per assurdo questo autista potrebbe andare in un altro paese, fare residenza e patente, e lavorare ovunque magari evitando l’Italia. Ed e’ gia’ successo. Le regole ci sono. Manca chi controlla, e soprattutto manca l’interesse effettivo a risolvere il problema, e lo dimostra il fatto che qua in galera per un morto sul lavoro non ci e’ mai andato nessuno. Calcinate, morto in officina, condanna definitiva al titolare, due anni e otto mesi. Fate voi.

  2. Alessandro, noto con non troppo stupore che, anche in questo caso, non può esimersi dal polemizzare e criticare la questione. Inizio a pensare che i suoi trascorsi non siano stati certo di successo. Per cui probabilmente c’è una necessità recondita, ma non troppo, di giudicare l’operato altrui da esperto, quale sicuramente è, anzi no, che pensa di essere. Se così fosse il suo nome rappresenterebbe alte cariche pubbliche o private del settore, o comunque degne di nota….
    Ma visto che lei, con la sua immensa conoscenza, avrà sicuramente la soluzione per la panacea di tutti i problemi, la invito a indicare una soluzione in grado di risolvere la questione. E ovviamente in tempi stretti, visto che il tempo corre e rischiamo di restare indietro. Le ricordo, relativamente alla questione dell’importazione degli autisti, che negli anni 60/70 gli italiani andavano all’estero a lavorare perché, per gli stati ospitanti, la ns. mano d’opera era a basso costo. Così è stato da sempre e per diversi Stati, e così sempre sarà. E considerando che l’infrastruttura italiana non consente la consegna delle merci in altrimenti modo che la gomma (almeno per la maggior parte), e gli autisti italiani ormai non si trovano, pare evidente che la soluzione sia questa. In pratica noi oggi siamo il Belgio, la Svizzera, l’America, ecc. di quegli anni. Per quanto riguarda le associazioni, il mio personale punto di vista è che il loro compito sia quello di indicare linee guida sia agli imprenditori che al Governo per migliorare le condizioni di lavoro, sia in termini economici sia sociali. E mi pare che le varie associazioni italiane, di qualunque settore, facciano questo. Non ultima la FAI, visto che è citata nell’articolo che, da che ho memoria, promuove da sempre legalità, sicurezza e controlli. Ma finchè esisterà il “libero arbitrio”, ogni interlocutore farà quello che meglio ritiene, e si sa: per ogni scelta c’è una conseguenza. E se le scelte individuali non portano a risultati sperati, la colpa non deve per forza essere additata all’associazione di riferimento. Considerando che lei avrà comunque da ridire, faccia una grazia all’umanità di stradafacendo: ci illumini con le soluzioni del caso. Ma soluzioni concrete e, ovviamente, che risolvano e bene in tempi veloci… Così potremo definirla: Alessandro, ….il Grande. Ops…il mago

  3. La fotografia che avete postato mi fa ripensare ai tempi jn cui le associazioni “comunicavano”, con lettere aperte a tutta pagina sui quotidiani nazionali, accendendo l’attenzione dell’opinione pubblica su temi caldissimi (la sicurezza, la necessità di ridare la giusta importanza e dignità a questa professione – anche per non far fuggire i giovani dalle cabine di guida – che garantisce i servizi alla comunità ogni santo giorno, che fa viaggiare l’economia come amava ricordare qalcuno….), mettendo la politica in condizioni di non poter dire “non sapevo, non ne ero a conoscenza”. Ormai sono in pensione da tempo e non seguo più troppo le questioni legate al mio mondo ma lo seguo ancora abbastanza per affermare, senza timore di essere smentito – che abbiamo perso per strada la capacità di farci ascoltare….

  4. Se dovessi stilare un elenco di 10 nomi di persone che all’interno del mondo associativo hanno davvero da sempre compreso l’importanza della comunicazione scriverei: Paolo Uggè, Paolo Uggè, Paolo Uggè, Paolo Uggè, Paolo Uggè, Paolo Uggè, Paolo Uggè, Paolo Uggè, Paolo Uggè, e Paolo Uggè.

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