Se mai un giorno qualcuno dovesse realizzare un libro bianco sulla montagna di disastri provocati dalla macchina della burocrazia, sulle tante storie di ordinaria gestione della cosa pubblica così straordinariamente mal gestite da far ritenere a moltissimi italiani che si tratti di autentici furti compiuti dallo Stato ai danni di chi semplicemente lavora, un capitolo potrebbe essere dedicato a una storia che ha per protagonista l’Anas (azienda pubblica controllata da Rfi Spa che gestisce la rete di strade statali e autostrade di interesse nazionale) e un un’impresa di autotrasporti lombarda. Un’azienda specializzata in trasporti eccezionali e noleggio di autogru alle prese con una semplice autorizzazione necessaria per aggiungere alcuni possibili brevi tragitti ai viaggi, già autorizzati e soprattutto pagati, da far compiere a una propria autogru. Poche tratte virtuali, visto che si tratta solo di “possibili viaggi” che in realtà potrebbero anche non verificarsi in mancanza di richieste d’interventi da parte della clientela, come ha inutilmente ricordato il titolare dell’impresa a un funzionario, per una lunghezza massima complessiva di poco più di 400 chilometri da percorrere ipoteticamente per 10 volte nei prossimi sei mesi con chilometraggi dunque ridottissimi per chi di professione viaggia ogni giorno su strade e autostrade, ma destinate a diventare un ostacolo insormontabile per il semplice fatto che quelle strade non figuravano nell’elenco dell’autorizzazione periodica annuale che l’impresa aveva precedentemente richiesto e ottenuto, e che aggiungere nuove possibili percorsi, seppur solo ipotetici e seppur per lunghezze ridottissime, sarebbe costa un una cifra insostenibile. Già perchè quella nuova autorizzazione integrativa, che abitualmente le aziende richiedono preventivamente su strade statali che potrebbero percorrere in caso di intervento just in time, per rispondere a “chiamate” dell’ultima ora, magari per emergenze, fino a pochi mesi fa avrebbero comportato per l’impresa richiedente il solo pagamento degli oneri di procedura , visto che l’azienda per quel veicolo aveva già pagato gli oneri convenzionali con l’autorizzazione periodica principale stabilita dal Regolamento di esecuzione del Codice della strada, ma ora tutto è cambiato. E e ai soli oneri dovuti per l’istruttoria, costo 270 euro circa, si sono aggiunti quelli per “l’indennizzo maggiore usura della strada”. Costo: oltre19mila euro, destinati a diventare 24mila euro con l’aggiunta dell’Iva. Una spesa insostenibile per l’impresa che ha rinunciato a “integrare” i propri viaggi con l’autogru, gettando nel cestino l’”offerta” dell’Anas che qualcuno potrebbe però ripescare proprio per farne un capitolo di un nuovo libro bianco con protagonisti i carrozzoni statali (e i loro conducenti) che proseguono imperterriti il proprio viaggio verso il saccheggio delle tasche di chi lavora, arrivando perfino a chiedere cifre esorbitanti per l’eventuale usura di un po’ d’asfalto in un Paese che per decenni ha gettato al vento montagne di denaro pubblico con il quale si sarebbe probabilmente potuto evitare che i ponti di Genova o di Annone Brianza crollassero, o che migliaia di strada si riducessero in condizioni pietose e soprattutto rischiose per chi le percorre. Vere e proprie trappole micidiali in grado di provocare incidenti. Magari con la necessità di chiedere l’intervento di un’autogru.