Prezzi “stracciati” alla pompa di benzina grazie a un’evasione fiscale da 18 milioni di euro

I prezzi dei carburanti proposti da quei distributori erano troppo bassi, inferiori addirittura a quelli praticati all’ingrosso dalle compagnie petrolifere nazionali, per non essere sospetti. E così gli agenti della Guardia di Finanza avevano iniziato a indagare, scoprendo che i sospetti erano fondati. L’inchiesta avviata nel 2019 nei confronti di due società pescaresi che gestivano distributori di carburante e che ha coinvolto l’intera filiera di approvvigionamento, ha infatti permesso di scoprire l’esistenza di una trentina di società cartiere con sede in altre regioni italiane, che si ponevano tra i primi fornitori di prodotti e le società di distribuzione, per consentire di evadere l’Iva. Tagliando così i costi e potendo attuare prezzi “stracciati” rispetto alla concorrenza. Gli agenti delle fiamme gialle hanno calcolato che l’evasione ammonti a 18 milioni di euro, frutto di false fatture per 82 milioni di euro, denunciando 56 persone per dichiarazioni fraudolente ed emissione di falsi documenti. Un “bottino” in parte già recuperato visto che il decreto di sequestro emesso dalla Procura della Repubblica ha permesso di “bloccare” immobili, quote societarie e contanti per 11,766 milioni di euro. L’inchiesta, che ha visto i finanzieri analizzare montagne di documenti oltre che “spiare” i movimenti fisici dei carburanti, ha evidenziato come le imprese cartarie avessero vita breve senza disporre di una effettiva sede operativa, attrezzature o personale alle dipendenze, con rappresentanti risultati spesso irreperibili. Vere e proprie “scatole vuote”, in altre parole, costruite proprio per acquistare il carburante sulla carta da grossisti (anche esteri) emettendo una falsa lettera d’intenti con cui si dichiaravano “esportatore abituale” per non pagare al fornitore l’Iva. In teoria, il prodotto così acquistato doveva essere esportato, mentre in realtà veniva girato alle due società pescaresi.