Creare 300mila nuovi posti di lavoro all’anno facendo crescere il prodotto interno lordo italiano del 2,5 per cento: un traguardo che l’Italia potrebbe raggiungere sbloccando i cantieri e realizzando un maggiore equilibrio fiscale. Un traguardo, destinato ad avviare una “crescita felice”, rendendoci attori, anziché spettatori, degli scambi tra le aree continentali che nell’ultimo decennio sono raddoppiati, che potrebbe essere realmente aggiunto e perfino molto più facilmente di quanto si possa immaginare. Parola dei responsabili dell’Ufficio studi di Confcommercio che nel loro rapporto su trasporti e sostenibilità nello scenario economico internazionale, presentato al 5° Forum internazionale di Conftrasporto organizzato da Confcommercio in collaborazione con Ambrosetti ospitato a Villa d’Este a a Cernobbio, hanno puntualmente spiegato anche perché realizzare tutto questo non sarebbe poi così difficile: perché le risorse per farlo, sbloccando progetti e cantieri già finanziati e completando così il Sistema nazionale integrato dei trasporti nei tempi previsti, ci sono. Bisognerebbe solo spenderle, cosa che però, incredibilmente, non avviene. “Nel 2018 il ministero delle Infrastrutture non ha speso il 60 per cento dei fondi che aveva in bilancio (5,7 miliardi di euro), fondi stanziati per le infrastrutture che non sono stati utilizzati e sono rimasti nelle casse dello Stato”, si legge nel documento elaborato da Confcommercio e Conftrasporto, che denuncia anche una “criticità nella capacità di spesa dei fondi strutturali europei: a poco più di un anno dalla fine del periodo di programmazione, per il Pon, il Programma operativo nazionale infrastrutture e reti, è stato speso solo il 23per cento delle somme disponibili. “Abbiamo i progetti e, per diverse opere, anche i finanziamenti. Ciò che manca è la capacità di spendere le risorse appostate soprattutto per le grandi opere”, denuncia nero su bianco il rapporto. Un’incapacità che riguarda non solo la gestione delle risorse, ma anche dei cantieri con tempi di lavorazione da seppellirsi perla vergogna: “Quando finalmente partono i lavori di realizzazione”, si legge sempre nel documento, “prima che siano conclusi passano fra i 5 e i 14 anni in media. Biblici i tempi per il Passante di Mestre (20 anni) e per la variante di valico dell’autostrada A1 (30 anni)”. Nulla di cui stupirsi, dunque, se “nell’accessibilità, cioè nei tempi di percorrenza fra territori con le diverse modalità di trasporto, l’Italia è ultima nella classifica dei maggiori Paesi europei”. Con il triste risultato che “ tutta l’economia chiamata a pagare lo scotto di questa inerzia, a partire dal sistema dei trasporti, che deve parare i colpi di falsi miti e di una concorrenza distorta che, oltretutto, non giova nemmeno all’ambiente”.