Certe storie sembrano destinate ad avere il peggior epilogo. Una conseguenza inevitabile quando nessuno interviene per modificarlo, nonostante probabilmente sia consapevole che quel finale sarà negativo per tutti. La decisione del fermo dei servizi deciso dall’esecutivo di Unatras, che verrà attuato secondo le modalità da definirsi nel Comitato di presidenza e che dovrà tener conto delle regole che il codice di autoregolamentazione, era il peggior finale che il Paese potesse aspettarsi, ma appare ormai inevitabile di fronte al silenzio di chi avrebbe potuto intervenire e invece non l’ha fatto. O, almeno, non come avrebbe dovuto. Dopo le manifestazioni di sensibilizzazione tenutesi in molte regioni sabato 18 marzo nessun cenno è infatti arrivato dal Governo.
Le imprese di trasporto sono rimaste pazientemente, per mesi, in attesa di vedere concretizzati i provvedimenti concordati e dati per risolti, ma nulla è diventato ancora esecutivo. È il caso dei bonus ecologici, che riguardano settori strategici come quello delle autostrade del mare e del trasporto integrato treno-tir, dati per realizzati e presentati come prova della volontà di favorire lo spostamento alle modalità più favorevoli all’ambiente. Peccato che, a oggi, siano rimasti lettera morta. Ma è anche il caso delle misure per combattere le forme di abusivismo di vettori esteri che, non rispettando le norme di sicurezza e di natura sociale, mettono fuori mercato le imprese nazionali. A Parigi, in gennaio, i ministri dei Trasporti hanno sottoscritto un documento comune per ostacolare concretamente le forme di concorrenza sleale: in altri Stati le misure sono state emanate, in Italia non ancora. E, ancora: l’emanazione delle norme per il personale che opera prevalentemente nei traffici internazionali e l’emanazione dei parametri utili a definire i costi della sicurezza che il ministero potrebbe facilmente definire, sulla base dell’ultima ordinanza della Corte di Giustizia, sono misure destinate a migliorare competitività e sicurezza: perché entrambe (finanziata la prima e senza costi la seconda) sono inapplicate? Il Governo non si accorge che, nel frattempo, ci sono migliaia di automezzi che, per le inefficienze degli uffici territoriali delle Motorizzazioni civili, non sono revisionati nei tempi previsti, con grave danno per l’operatività delle imprese? Nessuno si rende conto che dall’ottobre scorso, dopo la tragedia causata dal crollo del cavalcavia di Annone Brianza, e senza alcuna decisione adeguata da parte del Governo in materia di controllo e manutenzione delle infrastrutture, i trasporti eccezionali sono paralizzati, con pesantissime ricadute sul tutta la produzione, come per esempio nell’intero sistema della siderurgia? La mancanza di un preciso punto di riferimento, rappresentato da un unico interlocutore in grado di coordinare le misure che coinvolgono diversi ministeri, è probabilmente la causa principale di una situazione ormai non più sostenibile. Già, perché mentre da Roma non arrivano risposte “vere”, le imprese intanto chiudono l’attività o si trasferiscono all’estero; i lavoratori perdono il lavoro o sono preda di strutture, presenti in altri Paesi, che non danno certezze del rispetto delle garanzie sociali. È per queste principali ragioni (ma ve ne sono altre) che le imprese di autotrasporto si fermeranno. Non per loro scelta: per volontà di chi non sa guidare il Paese come dovrebbe…
Paolo Uggè, presidente di Fai Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio