L’odio per la burocrazia continua ad accelerare perché è lei a fermare cose e persone

Cosa hanno in comune Tim Burton, celebre regista e sceneggiatore americano, e decine, centinaia di migliaia di autotrasportatori italiani? L’odio per la burocrazia. Un odio che il regista di Edward mani di forbice ha pubblicamente dichiarato perché “ferma le cose e le persone”; un odio che in chi di professione carica, trasporta e scarica merci sta montando sempre più feroce, alimentato da una burocrazia che non solo divora miliardi di euro, ma lo fa per creare ostacoli sul percorso di chi lavora. Un esempio di quanto la burocrazia italiana abbia oltrepassato ogni soglia sopportabile è racchiusa in un documento inviato da una amministrazione provinciale della Lombardia a un’impresa del settore che chiedeva ai “burocrati” il rilascio di autorizzazioni periodiche per effettuare trasporti eccezionali. Cosa si legge nel documento? 

Che l’impresa richiedente, oltre a “indicare esattamente origine e destinazione dei transiti da effettuare allegando altresì apposita planimetria stradale relativa al territorio attraversato”, deve allegare anche una “relazione di verifica statica, nel rispetto della normativa vigente, sottoscritta da tecnico abilitato, comprensiva di tutti gli elementi strutturali dei manufatti eventualmente presente nel o negli itinerari”. Che tradotto significa: cari autotrasportatori individuate un ingegnere, mandatelo a controllare tutti i ponti e cavalcavia che il vostro Tir attraverserà, fategli firmare sotto la propria responsabilità che il manufatto gode di buona salute e quindi potrà sopportare il carico, pagatelo e mandateci tutto. Perché negli uffici delle amministrazioni pubbliche tutti sono già talmente impegnati a caricare e scaricare, magari pure trasportandoli da un ufficio all’altro oppure al fax, talmente tanti fogli di carta con tanto di timbro e firma, da non poter fare (se si è ingegneri) o far fare ad altri (se si è dirigenti) queste verifiche. Che poi dovrebbe pagare lo Stato? Ma siamo matti? Lo Stato deve già pagare fior di burocrati che da quando è crollato il ponte di Annone Brianza sudano già sette camice a infilare nei cassetti le richieste di autorizzazione da far finire nel dimenticatoio (e chissenefrega se i Tir restano fermi e con loro le merci, danneggiando non solo chi trasporta ma anche chi produce e che presto vedrà i clienti scegliere di acquistarle in paesi meno ammalati di burocrazia al punto da diventare imbecilli) e a non rispondere ai solleciti (roba che costa fatica perché magari si è costretti, per non farsi trovare in ufficio, a rifugiarsi al bar di fronte all’ennesimo cappuccino con brioche…). Ma nel documento simbolo di una burocrazia che, se non verrà fermata ucciderà il Paese, c’è di peggio. “In riferimento alla stabilità delle opere d’arte presenti lungo l’itinerario richiesto”, le imprese di autotrasporto dovranno “impegnarsi a verificare l’agibilità del percorso con 3 giorni di anticipo rispetto alla data in in cui sarà effettuato ogni singolo transito, assicurando altresì di far ispezionare dettagliatamente ciascun manufatto in tutte le sue parti strutturali da parte di un tecnico specializzato e abilitato secondo la normativa idonea”. E, come non bastasse, “di tale ispezione dovrà essere redatto un verbale dal quale si evince l’idoneità dei manufatti alla transitabilità del carico da trasmettere tempestivamente (tassativamente prima del transito) alla Provincia”. Capito? Uno che di mestiere fa l’autotrasportatore dovrebbe individuare, senza ovviamente alcun aiuto o indicazione per trovarlo, un professionista specializzato che faccia una radiografia a una statua o alla facciata di un palazzo storico incrociati lungo il viaggio, che in men che non si dica metta tutto nero su bianco (perché un privato deve assumersi ogni responsabilità mentre un pubblico dipendente deve starne il più lontano possibile…) che lo paghi e una volta fatto si precipiti a consegnare il tutto. Perché se negli uffici pubblici la velocità delle pratiche farebbe imbestialire per la sua lentezza un centenario carapace bicentenario (nel linguaggio dei burocrati una tartaruga), il privato deve invece scattare dai blocchi di partenza possibilmente più in fretta di Usain Bolt. Tutto questo ovviamente dando per scontato che sempre all’impresa toccherà  presentarsi al cospetto degli illustrissimi rappresentanti dello Stato solo dopo aver “eseguito accurata ispezione da parte di un tecnico specializzato interessante tutti gli elementi strutturali dei manufatti eventualmente presenti nel tracciato e di aver fatto redigere, per ognuno di loro, apposita relazione di verifica statica secondo idonea normativa, allegata alla presente istanza e sottoscritta da un tecnico abilitato”. Tradotto (per chi non avesse capito che interessante non significa che il tecnico specializzato sia carino e affascinante ma che che riguarda tutti gli elementi strutturali….): l’autotrasportatore deve far attraversare al proprio Tir 20 cavalcavia? Un ingegnere pagato da lui li dovrà controllare tutti e sotto la sua responsabilità dire che reggeranno. In caso contrario in un’aula di giustizia ci finirà lui. E se, la settimana prossima, o fra tre settimane e fra due mesi dovesse essere rifatto un trasporto? Che diamine: l’ingegnere dovrà ripetere tutti i controlli (ovviamente pagato sempre dall’impresa di autotrasporto). Siamo o non siamo un Paese attento alla sicurezza…  “Roba da ricovero immediato in psichiatria”, ha commentato più di un addetto ai lavori mentre qualcun altro si è chiesto se “a un imprenditore dell’autotrasporto, chiamato a compiere tutti questi atti burocratici, possa restare ancora del tempo per svolgere il proprio lavoro, per occuparsi della propria azienda”. Ma c’è anche chi si sta domandando “quanto ancora potrà sopportare una simile becera burocrazia chi lavora dalla mattina alla sera, sempre più duramente e sempre pagato peggio. I burocrati così stanno aprendo delle autostrade ai forconi, alla protesta che rischia di essere sempre meno democratica e civile”. E questo che vogliono i burocrati, razza purtroppo lontana dalla via d’estinzione e che sembra voglia far di tutto per rendersi ancora più insopportabili? Continuare a fermare le cose e le persone, manovra che,  come dice Tim Burton, rende odiosi? Forse ci vorrebbe qualcuno come Edward, con le mani di forbice, per “tagliare” (simbolicamente, s’intende, licenziando….)  quelle teste che nel terzo millennio continuano a pensare e lavorare come alla corte dei Borboni…