“Non si può imporre il divieto totale di queste attività dell’economia collaborativa se la ragione è proteggere i modelli di business esistenti”. È sostanzialmente questa la ragione per la quale la Commissione europea, per voce del commissario al mercato interno Elzbieta Bienkowska, ha segnato un punto a favore di Uber nella “guerra” per la gestione del servizi di taxi e auto a noleggio con conducente, servizio che Uber appare più che mai decisa a gestire attraverso una semplice app, per nulla intimorita dalla “rivolta” di tassisti e noleggiatori secondo i quali tutto questo rappresenterebbe un pericolo sulle strade, considerato che al volante, trasportando passeggeri, potrebbe mettersi chiunque. Compresi tossicomani, alcolizzati o, peggio, potenziali stupratori, rapinatori… Pericoli che non hanno evidentemente rappresentato un ostacolo neppure per la Commissione Ue, che con le nuove linee guida ha affermato che il divieto totale di queste app è possibile solo come “misura estrema” e che occorre distinguere “tra chi mette a disposizione la propria auto o casa occasionalmente, per arrotondare, da chi invece lo fa a tempo pieno e di mestiere”. Uno a zero dunque per Uber, ormai diventata la start-up più finanziata al mondo (ma anche per le altre piattaforme che offrono servizi online, contro le lobby dei servizi tradizionali) anche se la decisione europea non definisce, come spesso capita, il caso. Perchè se è vero che il messaggio è che il progresso non si può bloccare, è altrettanto vero che ora spetta agli stati membri decidere quando e come adeguare la legislazione nazionale, perché le indicazioni di Bruxelles sono “generali e non giuridicamente vincolanti”. Uber (multinazionale americana specializzata nelle prenotazioni di auto tramite telefonino che ha proposto sul mercato due nuovi servizi: Uber Pop che riunisce car sharing e il servizio taxi o noleggio d’auto, permettendo a chiunque praticamente di trasformarsi in un “tassista”, e Uber Black che permette invece all’utente d’individuare la vettura disponibile più vicina grazie a un’app) e che con l’ultimo investimento dell’Arabia Saudita da 3,5mld diventa un colosso valutato 68mld di dollari, da tempo faceva pressione su Bruxelles, in particolare attraverso quattro ricorsi contro la Francia, la Germania e la Spagna per aver messo completamente fuori legge la sua app. “Se li blocchiamo qui, in ogni caso cresceranno da qualche altra parte”, ha commentato il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen, sottolineando però che questa “non deve diventare un’economia parallela”. Se vengono rispettati i criteri fiscali, sociali e di protezione dei consumatori non si può vietare l’attività”, è stata l’ultima parola della Commissione europea che ora si metterà al lavoro per suggerire agli Stati consociati i “stabilire soglie minime sotto cui un’attività economica possa essere considerata un’attività non professionale tra pari senza dover rispettare gli stessi requisiti applicabili a un fornitore di servizi che opera su base professionale”. Criteri come possono essere il reddito che si ricava da queste attività, oppure il numero di giorni in cui si esercitano. Se invece c’è un rapporto di lavoro subordinato, per cui chi fornisce il servizio è dipendente, si deve applicare in pieno la legislazione in vigore su licenze, tassazione, responsabilità, diritti sociali. “La Commissione Ue ha chiarito che le leggi europee difendono i servizi dell’economia collaborativa contro restrizioni eccessive”, hanno commentato i responsabili di Uber, invitando gli stati membri a rivedere le norme nazionali alla luce delle nuove linee guida. Pena il rischio che vengano aperte procedure d’infrazione.