È vero che ormai abbiamo fatto l’abitudine alla politica degli annunci, ma abituarsi a una politica che gioca con le parole su questioni che mettono in pericolo la vita dei cittadini é difficile. Difficilissimo quando di continuo degli innocenti vengono uccisi da pirati della strada che il Governo si appresta a contrastare introducendo il reato di omicidio stradale. Una vicenda, dagli aspetti delicatissimi, che buona parte di quella stampa sempre pronta a dare lustro al “manovratore” aveva dato ormai per risolta quando invece non era per nulla chiarita. Anzi, se possibile, ingarbugliata: un pasticcio cucinato tra le due Camere infatti ha fatto sì che mentre la Commissione trasporti elaborava delle modifiche al Codice della strada, approvate poi dall’Aula, il Senato introduceva nelle norme del Codice penale la fattispecie dell’omicidio stradale. Cosa accadrà ora? Visto che il nostro sistema si regge ancora sul bicameralismo, quanto approvato da una Camera dovrà passare al vaglio dell’altra che senza modifiche dovrà approvare il medesimo testo. Che, come più volte denunciato da Conftrasporto e non solo, presenta però non poche lacune che impediranno di dare un’adeguata risposta alla domanda di giustizia avanzata dai sempre più numerosi familiari delle vittime della strada. Perché invece di fornire risposte illusorie il Governo non interviene realmente per difendere le vittime degli assassini su quattro (ma anche due o più) ruote, per esempio legando le sanzioni accessorie al danno generato all’incolumità della gente oltre che alle cose? Per nulla intimoriti da una giustizia che in Italia è tutto fuorché certa, i delinquenti del volante temono però una cosa: essere colpiti nel portafogli. Basterebbe poco. Anche per fermare chi usa il cellulare alla guida (anziché discutere sul divieto del fumo in macchina) considerato che 20 incidenti su 100 sono dovuti a disattenzione, in particolare “da telefonino”. Ma nelle norme approvate, di questo non si parla.
Paolo Uggé