“Gli interventi richiesti da Rfi, la Rete ferroviaria italiana del gruppo Fs, per la messa in sicurezza del trasporto su rotaia di merci pericolose sono stati eseguiti, anche perché sulla sicurezza non si discute, e il comando locale dei Vigili del fuoco ci ha consegnato il certificato di prevenzione incendi che ci era stato richiesto. Ora lo scalo merci di Bergamo, chiuso da tre mesi a questo tipo di sostanze, deve essere riaperto temporaneamente, con una proroga, fino a quando non prenderà corpo il progetto alternativo che è allo studio da anni. E questo anche per evitare di far aumentare anziché diminuire i pericoli. Un conto è infatti il trasporto ferroviario su carri merci che poi vengono collocati su strada su carrelli speciali e rimorchiati da camion e che permette di trasportare un maggiore quantitativo di merci e in condizioni di maggiore sicurezza; un altro conto è il doversi affidare ad autocisterne che viaggiano su strada, che, avendo una minore capienza rispetto a un carro merci, devono compiere più viaggi, con rischi dunque più elevati sul fronte sicurezza”. Ad affermarlo, intervenendo sulla “serrata” dello sbocco locale su rotaia legata alle merci pericolose che da tre mesi ha paralizzato lo scalo merci di Bergamo, sono Doriano Bendotti (nella foto), segretario provinciale della Fai Conftrasporto di Bergamo, e Andrea Callioni, presidente della Cisaf, azienda di autotrasporto associata alla Fai specializzata nel trasporto di merci pericolose, che hanno anche voluto sottolineare come questa decisione stia viaggiando in senso contrario alla direzione presa da tutto il mondo, con la scelta di “optare per il trasporto su rotaia per le merci pericolose, più sicuro, mentre qui si vuol fare alla rovescia”. Secondo Andrea Callioni, anche un possibile nesso legato al disastro ferroviario di Viareggio del 2009, quando il deragliamento di un treno merci provocò la fuoriuscita di Gpl che innescò un incendio enorme causando la morte di una trentina di persone, “non giustifica la decisione, anche perché allora si parlava di gas che, come accadde in quel caso, può esplodere, mentre per lo scalo di Bergamo parliamo di liquidi che possono essere sì infiammabili, ma in ogni caso non provocano esplosioni”. “Siamo di fronte a un’emergenza che non può durare in eterno, se le cose non cambieranno in fretta, nella nostra provincia si rischiano chiusure e delocalizzazioni, in un momento già drammatico per la nostra economia”, è l’Sos lanciato da Doriano Bendotti, “qui ci sono in ballo, con l’indotto, migliaia di posti di lavoro: i sindacati e i politici locali, gli onorevoli di Bergamo dove sono? E il ministro bergamasco? Se c’è, batta un colpo”. Ma forse in ballo potrebbero esserci anche altri affari. Come per esempio quelli legati alla gestione di alcune aree da parte di un’altra società del gruppo Fs, Sistemi Urbani, creata per valorizzare il patrimonio immobiliare del gruppo, i cui responsabili giudicherebbero il trasporto delle merci pericolose non compatibile con la valorizzazione delle aree stesse.